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Mes, tassi e immigrati: Meloni avverte l'Europa e tira dritto

Pierpaolo La Rosa
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Quella della nuova governance europea «è una partita complessa, sulla quale io credo che l’Italia abbia obiettivi condivisi da gran parte delle forze politiche, e che sono stati oggetto di sostegno bipartisan già con i governi precedenti. Per questa ragione, lo voglio dire con serenità, ma anche con chiarezza: non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il Mes». Non ha avuto dubbi, Giorgia Meloni, sul Meccanismo europeo di stabilità, in occasione delle sue comunicazioni, ieri, in Parlamento, in vista del Consiglio europeo di oggi e domani a Bruxelles. «L’interesse dell’Italia oggi è affrontare il negoziato con un approccio a pacchetto, nel quale le nuove regole del Patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutono nel loro complesso, nel rispetto del nostro interesse nazionale. Prima ancora di una questione di merito, c’è una questione di metodo su come si faccia a difendere l’interesse nazionale», ha sottolineato il premier che nel suo intervento, basato su un europeismo concreto, ha posto alcuni paletti, come quello relativo appunto al Mes, ma non solo.

 

 

«L’inflazione è tornata a colpire l'economia, è un’odiosa tassa occulta a carico soprattutto dei meno abbienti e di chi ha un reddito fisso. È giusto combatterla con decisione, mala ricetta dell'aumento dei tassi intrapresa dalla Bce è semplicistica, e non appare a molti la più corretta: può essere una cura più dannosa della malattia», le parole pronunciate nell’emiciclo di Montecitorio dal capo del governo che ha puntato il dito contro l’annuncio dell’incremento dei tassi di interesse, da parte della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde. Quanto al Piano nazionale di ripresa e resilienza, Meloni ha assicurato, nella replica alla Camera, al termine del dibattito sulle sue comunicazioni, che i fondi non saranno usati per le armi. «Vogliamo utilizzare le risorse del Pnrr per le scelte strategiche che stiamo perseguendo, sono disposta a valutare insieme al Parlamento le proposte di eventuali modifiche» entro la fine di agosto, ha precisato il presidente del Consiglio, che proprio a proposito di possibili cambiamenti al Piano ha fatto sfoggio di ironia: «Mi fa piacere che oggi vi ricordiate dell'importanza del Parlamento, visto che quando il Pnrr venne approvato il Parlamento non l’ha nemmeno potuto leggere, ma al tempo si riteneva andasse bene così».

 

 

In sede di replica al Senato, dopo la discussione sempre sulle sue comunicazioni sul Consiglio europeo di oggi e domani, il capo dell’esecutivo ha affrontato di nuovo l’argomento legato al Pnrr, ribadendo che le scadenze saranno rispettate e confermando che «non ci sono ritardi. C’è il lavoro serio che stiamo cercando di fare - ha affermato Meloni- Mi fa specie francamente che i partiti che hanno di fatto steso il Piano sul quale oggi si lavora, siano anche quelli che se la prendono con l’attuale governo. E mi fa specie anche che lo faccia il commissario Gentiloni, che il Piano immagino lo avrà letto prima e che oggi chiama in causa il governo italiano, dicendo che bisogna correre e fare di più. Se si fosse vigilato un po’ di più in passato, probabilmente oggi si farebbe molto più velocemente». Il premier ha, poi, messo ulteriormente le cose bene in chiaro: «Il Pnrr non lo abbiamo scritto noi e le contestazioni fatte dalla commissione europea non sono riferibili a noi. Ad esempio, lo stadio di Firenze», che l’esecutivo comunitario «non ritiene debba essere finanziato, non sono stata io ad inserirlo. Noi stiamo producendo molte carte, cercando di dare continuità per quello che possiamo fare ad un Piano di cui non avevamo la responsabilità». Un cenno, infine, alla vicenda migratoria. «È evidente che i ricollocamenti non sono mai stati la nostra priorità - ha rimarcato Meloni La questione non si risolve tentando di scaricarla su un’altra nazione».

 

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