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Migranti, metà dei richiedenti asilo non ha diritto di restare in Italia

Dario Martini
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Meloni ha sottolineato che la mancanza di lavoratori non si risolve facendo entrare centinaia di migliaia di immigrati in Italia. Anche perché gran parte dei migranti che sbarcano sulle nostre coste non sono specializzati in alcun lavoro e, soprattutto, non hanno nemmeno diritto all’accoglienza. A certificarlo sono gli ultimi ufficiali, forniti dall’Eurostat e rielaborati dal Consiglio italiano per i rifugiati, per cui la metà delle richieste d’asilo esaminate nel 2022 sono state respinte.

La situazione è la seguente: l’anno scorso sono state presentate 77.195 richieste d’asilo. Poco più di due terzi degli immigrati sbarcati sulle nostre che, è bene ricordarlo, sono stati pari a 104mila. Significa che circa 27mila non hanno proprio fatto domanda. Motivo per cui si sono di fatto autoesclusi dalla possibilità di ottenere un lavoro regolare. Ma torniamo alle domande presentate per ottenere l’asilo. Sul totale delle richieste, quelle esaminate sono state 52.625. Di queste, più della metà, precisamente 27.385, hanno ricevuto come responso un «diniego».

Solo il 12%, poco più di seimila, sono coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato. Il 13% (circa 6.700) si sono tramutate in protezione sussidiaria, ovvero il permesso di soggiorno della durata di cinque anni che consente lo svolgimento di un’attività lavorativa. Circa diecimila, invece, sono coloro che hanno ricevuto la protezione speciale di cui si sta molto dibattendo in questi giorni. Come ha ricordato il vicepremier Matteo Salvini quest’ultimo tipo di permesso si è rivelato un vero e proprio flop, dal momento che solo il 6% si è "trasformato" in un posto di lavoro. Il quadro è abbastanza chiaro: la maggior parte degli immigrati che sbarcano sulle nostre coste restano clandestini.

E pure gli altri hanno grande difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Ciò non significa che non ci sia richiesta di lavoro straniero. L’ultimo "click day", nel quadro del decreto flussi, ha dimostrato che le domande di lavoro che arrivano dall’estero sono moltissime: 240mila su 82mila posti messi a disposizione. Tanto che il governo sta studiando una riforma anche in questo settore per rendere più coerente l’incrocio tra domanda e offerta. La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, poche settimane fa ha spiegato che «la gestione dei flussi sarà cambiata, ma il mestiere va imparato nel Paese d’origine». Tra l’altro, il decreto approvato recentemente, ha ricordato sempre Calderone, prevede una programmazione triennale, e anche un percorso legato alla formazione nei Paesi d’origine. «Quindi un ingresso di lavoratori che hanno già una prima formazione che poi andrà consolidata nei contesti aziendali».

Uno dei settori "dimenticati" dal click day è quello del lavoro domestico, con i sindacati di riferimento che denunciano di essere rimasti ingiustamente esclusi a causa di una mancata programmazione che va avanti da oltre 12 anni. Il reperimento sul mercato del lavoro di figure come colf e badanti è sicuramente un problema di stretta attualità. Ma resta il fatto che difficilmente si potrà risolvere grazie alla moltitudine di migranti che ogni giorno salpano dal Nord Africa con un barcone. 

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