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Nordio cerca di portare a casa la riforma della giustizia. Divisioni sul carcere preventivo

Pierpaolo La Rosa
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Senza particolari proclami, operando anzi in silenzio, sottotraccia, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è al lavoro sulla riforma della giustizia. Si tratta di un altro fronte aperto, di uno dei cantieri che vedono impegnato l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Del resto, sin dal suo insediamento, anche nella fase di illustrazione alle Camere delle linee programmatiche del suo dicastero, il Guardasigilli ha ripetuto in tutte le salse l’intenzione di riformare un sistema che, a suo dire, così non va, tra inefficienze, storture e costi sempre più insopportabili, a danno della collettività, con inevitabili e pesanti ricadute in termini di Prodotto interno lordo. Progetti, come ribadito in più occasioni dal diretto interessato, da varare con il dialogo e con l’ascolto di tutte le componenti che fanno parte del sistema giustizia. Sono tre, in particolare, i versanti su cui si è concentrata l’attenzione di Nordio: la carcerazione preventiva, l’abuso d’ufficio ed il traffico di influenze illecite.

 

 

Per quanto concerne il primo punto, l’obiettivo del responsabile del ministero di via Arenula è quello di porre un vero e proprio freno, un limite, all’abuso dell’utilizzo dello strumento della custodia cautelare. Il disegno che ha in mente l’esponente dell’esecutivo prevede che a decidere sulle misure relative alla detenzione preventiva ci debba essere un collegio, composto presumibilmente da tre membri, impegnato a formulare un giudizio adottato a maggioranza, e non più una sola persona, rappresentata dal giudice monocratico. A sostegno di Nordio c’è Forza Italia, ma anche quel Terzo polo, che da sempre è estremamente sensibile sull’argomento. Chi potrebbe, invece, mettere più di qualche bastone tra le ruote ad un simile intervento è Fratelli d’Italia, il partito di cui Nordio è in qualche modo espressione. Il timore che serpeggia, infatti, in diversi esponenti di FdI, è quello di ridare slancio allo scontro tra politica e magistratura. Quello scontro che ha caratterizzato, con momenti anche di feroce contrapposizione, la vita istituzionale italiana dal 1994 in poi.

 

 

Gli altri due temi, delicati, su cui il ministro della Giustizia vuole lanciare un segnale importante sono l’abuso d’ufficio, con l’auspicio di eliminarlo una volta per tutte, ed il traffico di influenze illecite, con il fine di cambiarlo in profondità. Sullo sfondo, poi, c’è la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, che richiede una modifica di carattere costituzionale, e che è un altro storico cavallo di battaglia di Nordio. Propositi decisamente ambiziosi, dunque, su cui la maggioranza di centrodestra è chiamata ad una prova, non semplice, all’insegna della sintesi e della compattezza. Oltre ai dubbi sollevati da alcuni rappresentanti di Fratelli d’Italia, c’è da segnalare l’atteggiamento della Lega, che è in una posizione di attesa. Qualche indicazione, sul terreno della giustizia, dalle forze politiche della coalizione di governo, potrà arrivare già dalle prossime ore. In Aula, a Montecitorio, proseguirà l’esame del disegno di legge, presentato dal Guardasigilli in persona, recante norme in materia di procedibilità d’ufficio e di arresto in flagranza, e delle tre mozioni, depositate rispettivamente da Forza Italia, dalla Lega e da Noi moderati, concernenti iniziative di competenza in materia di processo penale in relazione al rispetto dei principi costituzionali. Mozioni che impegnano l’esecutivo ad adottare interventi normativi volti, guarda caso, a disciplinare e riformare la custodia cautelare, i reati di abuso d’ufficio e di traffico di influenze illecite, e pure le intercettazioni, «onde evitarne l’abuso».

 

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