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Bonaccini piange miseria. L'amara scoperta: "Il Pd non ha più un euro"

Gaetano Mineo
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 Stefano Bonaccini batte cassa. In piena campagna elettorale per la segreteria Pd, il governatore dell’Emilia Romagna torna sullo stato finanziario del Nazareno «perché mi dicono, era un po’ di anni che non mi occupavo del partito in senso stretto, che non c'è più un euro in cassa e questo è un problema serio». Come dire, «dovremmo discutere di come si redistribuisce un po’ di finanziamento al territorio e di come affrontiamo il tema del patrimonio». Di certo, sembra prendere le distanze dalla gestione di Enrico Letta, rimarcando alla vigilia dell’elezione del nuovo segretario dem, uno stato contabile disastroso. Per il tesoriere del Pd, Walter Verini, «non è una notizia». «La battuta di Bonaccini – ci dice il senatore - ricorda a tutti noi una realtà che ben conosciamo. E io mi auguro che il Partito Democratico, recuperando vitalità politica, possa migliorare la sua situazione finanziaria».

Il partito ha da tempo 120 dipendenti in cassa integrazione e ancora paga dei debiti rateizzati risalenti al referendum 2016, per fare qualche esempio. Al Pd, come agli altri partiti, i sostegni finanziari arrivano dal due per mille e dai contributi dei parlamentari. Ma a Bonaccini, questo non basta. Non a caso un paio di settimane fa è tornato alla carica con una clamorosa retromarcia rispetto a quanto affermato in passato. Il candidato segretario, per sua stessa ammissione, ha rievocato il finanziamento pubblico ai partiti. Un dietrofront non indifferente, che rimarca le difficoltà di amministrare un partito, qualora diventasse il capo del Nazareno.

«Ero contro il finanziamento pubblico ai partiti – ha detto Bonaccini - ma ora sto cambiando idea perché la politica non la deve fare solo chi se lo può permettere». Il Pd ha già depositato in questa legislatura un disegno di legge (n. 207), a firma, tra glia altri, di Giorgis, Malpezzi e lo stesso Verini, sul finanziamento pubblico ai partiti». 

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