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Bankitalia boccia il governo sull'uso del contante: scontro sulla manovra

Gianluca Zapponini
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Sui pagamenti elettronici in molti non l'hanno digerita la legge di Bilancio. Per la Banca d'Italia, tanto per dirne una, la manovra di Giorgia Meloni è scivolata su alcune bucce di banana che per Palazzo Koch potevano essere benissimo evitate. Un esempio? L'aumento della soglia per l'uso del contante, l'eliminazione delle sanzioni per gli esercizi commerciali che non accettano il pagamento con le carte di credito per importi fino a 60 euro, le diverse forme di sanatoria fiscale. Questi gli aspetti più critici del disegno di legge di bilancio all'esame del Parlamento e su cui è stato ascoltato dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato Fabrizio Balassone, capo del Servizio struttura economica del dipartimento economia e statistica di Via Nazionale. Per il quale «le disposizioni in materia di pagamenti in contante e l'introduzione di alcuni istituti che riducono l'onere tributario per i contribuenti non in regola rischiano di entrare in contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che anima il Piano nazionale di ripresa e resilienza e con l'esigenza di continuare a ridurre l'evasione fiscale». Sulla stessa linea la Corte dei Conti che venerdì scorso aveva espresso forti critiche sulle disposizioni che ampliano le possibilità di pagare in contanti. E questo nonostante il premier Meloni abbia rassicurato circa la non dogmaticità della soglia dei 60 euro, che potrebbe anche essere rivista al ribasso, nel corso della gestazione parlamentare della manovra.

 

 

Tornando alle valutazioni di Via Nazionale, nel corso dell'audizione Bankitalia ha ripetutamente posto l'accento sulla situazione di incertezza che caratterizza il quadro economico, a causa della guerra in Ucraina che ha portato all'aumento dei prezzi dell'energia e di conseguenza dell'inflazione. In questo contesto «il Paese ha mostrato per il momento una sostanziale tenuta» con il prodotto interno lordo del terzo trimestre cresciuto dello 0,5%. Tuttavia «gli indicatori più recenti puntano a un indebolimento dell'attività per il trimestre in corso, in cui è proseguito il rialzo dell'inflazione». È opportuno sottolineare, ha proseguito Balassone, che di fronte ai rischi «di natura estrema a cui è esposto il Paese le proiezioni economiche costituiscono un riferimento solamente indicativo. Sviluppi drasticamente meno favorevoli di quelli prefigurati potrebbero realizzarsi a fronte di mutamenti repentini e imponderabili del contesto esterno».

 

 

Poi, uno dei temi più caldi, la salute dei conti pubblici. Palazzo Koch ha ricordato come la manovra nel suo complesso contenga misure espansive per il 2023 pari a 39,2 miliardi di euro «e di questi 18,1 miliardi sono coperti da riduzioni di spese e maggiori entrate. Gli ulteriori 21,1 miliardi, destinati essenzialmente alle misure per mitigare il caro energia a famiglie e imprese, producono un aumento temporaneo del disavanzo». Da qui la raccomandazione «a mantenere ferma la politica di riduzione del rapporto debito/Pil, una scelta necessaria per l'alto livello del debito, le prospettive macroeconomiche incerte e il tendenziale aumento dei tassi di interesse». Quello che è certo è che sul contante il governo sbaglia, secondo la vigilanza bancaria. «I limiti all'uso del contante, pur non fornendo un impedimento assoluto alla realizzazione di condotte illecite, rappresentano un ostacolo per diverse forme di criminalità ed evasione» mentre «soglie più alte favoriscono l'economia sommersa». Inoltre «c'è evidenza che l'uso dei pagamenti elettronici, permettendo il tracciamento delle transazioni, ridurrebbe l'evasione fiscale».

 

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