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Pd, la sinistra dei fifoni: tutti parlano ma nessuno si candida contro Bonaccini

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Carlantonio Solimene
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Doveva essere la settimanain cui altre pedine avrebbero preso il loro posto sulla scacchiera del prossimo congresso del Pd. Invece Stefano Bonaccini resta al momento l'unico candidato ufficiale alla segreteria per il dopo Enrico Letta. I due eventi più attesi del week end, gli appuntamenti fissati a Roma dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci e da quello di Firenze Dario Nardella, si sono conclusi con un nulla di fatto.

Tante parole, qualche proposta per delineare le caratteristiche future del partito, ma nessuna discesa in campo. Stesso discorso per quella che al momento viene consideratala rivale più accreditata del governatore dell'Emilia Romagna, cioè Elly Schlein. Che è «pronta a dare un contributo» ma almomento non ha ufficializzato la candidatura, perché è in attesa di capire se «il congresso sarà realmente democratico». E non, invece, condizionato dalle correnti.

Il tema delle correnti, in effetti, resta il convitato di pietra della sfida. Tutti dicono di volerle cancellare e di volerne fare a meno. Ma tutti, in realtà, ci stanno già facendo i conti. A partire proprio da Bonaccini e Schlein. Il primo ha già incassato l'appoggio degli ex renziani di Base riformista. La seconda può contare sull'endorsement di Dario Franceschini e sulla benedizione di Enrico Letta. A restare «scoperta», al momento, è l'area che fa capo ad Andrea Orlando. Tentata da Schlein perché appare l'unica in grado di contrastare Bonaccini. Ma assai poco vicina alla piattaforma della deputata italosvizzera, considerata troppo movimentista e poco legata alle logiche dell'apparato. Così la ricerca dello sfidante ideale continua. C'è chi ha ipotizzato un coinvolgimento dell'ex ministro Vincenzo Amendola, che porterebbe in dote l'appoggio dei potenti governatori del sud, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. E chi invece continua a sperare che sia lo stesso Orlando a farsi avanti. Ma per il momento si tratta più di suggestioni che di piste concrete. Non a caso a sinistra si attendevano con una certa curiosità le mosse dei sindaci, in particolare di Ricci. Ma anche i primi cittadini hanno preferito giocare a nascondino. Il sindaco di Pesaro si è limitato a lanciare «10 idee» per il nuovo Pd, basate sulla necessità di «rappresentare chi soffre, rappresentare il lavoro e chi si batte per salvare il pianeta». Chiarendo che è fondamentale spostare la barra del partito a sinistra.

Ieri Nardella si è invece soffermato sull'apporto che amministratori e primi cittadini possono dare, non solo al Pd, ma al Paese e all'Europa. Ci si attendeva una discesa in campo diretta, ma il sindaco di Firenze non ha parlato di nomi o leadership. Anzi. Ha affermato senza mezzi termini che se si parte dai nomi, allora, «il rischio di scissione del Pd è concreto». «Dipende da come affrontiamo questo congresso, perchè se lo scopo è una resa dei conti, il rischio di una scissione c'è. L'atto finale sarà a febbraio e da qui a febbraio diamoci una sistema di valori condivisi», ha aggiunto Nardella. Poche ore dopo è arrivato il plauso di Stefano Bonaccini.

«Sono assolutamente interessato ai contenuti usciti da "Idea Pd" a Roma. Ho chiesto a Dario Nardella di vederci già nei prossimi giorni per discutere insieme e amalgamare proposte e istanze che vengono dai territori e dalle competenze che gravitano nel campo democratico. Il confronto tra noi è stato intenso in questi mesi e soprattutto in queste settimane. Vedo una sinergia e una sintonia che può essere utile al Pd a prescindere dalle candidature». Più che di candidature, insomma, si parla di convergenze. Come quelle che potrebbero nascere intorno all'opzione Schlein, con l'iniziativa «Coraggio Pd» messa in campo dall'eurodeputato Brando Benifei. Lo si capirà, forse, nei prossimo giorni.

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