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L'ipocrisia di Conte: fa il pacifista sull'Ucraina ma tace su Regeni. Perché all'Egitto vendeva armi

L'ex premier e le giravolte in politica estera: ecco perché sull'incontro tra Meloni e Al Sisi ha preferito restare in silenzio

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Le due facce di Giuseppe Conte, ancora una volta. L'ex premier ha già abituato gli italiani a giravolte improbabili e stavolta ha superato se stesso. Negli stessi giorni in cui si sgola per contrastare il nuovo invio di armamenti in Ucraina, non si unisce all'opposizione nel coro di attacchi a Giorgia Meloni per la missione egiziana che ha segnato un riallacciamento dei rapporti tra il governo italiano e il premier Al Sisi. Un silenzio dovuto a una circostanza evidenziata oggi da Francesco Verderami sul Corriere della sera: all'epoca degli esecutivi guidati da "Giuseppi", infatti, l'Italia era tra i maggiori fornitori di armi all'Egitto. E questo nonostante il caso del ricercatore rapito e ucciso fosse già oggetto di tensione tra i due Stati.

"Il primo - alleato della Lega - aveva deciso di vendere armamenti per quattro miliardi di euro ad Al Sisi. Il secondo - alleato del Pd - aveva completato il passaggio all'Egitto di due delle sei fregate Fremm, che facevano parte di una commessa in cui erano compresi 20 pattugliatori, 24 caccia Eurofighter, 20 velivoli di addestramento e un satellite" spiega il Corriere.

L'ipocrisia, quindi, è ascrivibile anche al Pd che oggi rivendica, con la capogruppo al Senato Simona Malpezzi, di essersi battuto "per ottenere trasparenza e chiarezza" sulla vicenda Regeni.

"Prudentemente - affonda ancora Verderami - Conte e i dirigenti del Movimento non hanno preso parte alla polemica sul vertice di Sharm el Sheik. Hanno preferito sfilare alla marcia per la pace, magari anche per sbianchettare il passato dell'ex premier, che ai tempi del gabinetto giallorosso decise - dopo le sollecitazioni di Trump - il maggior incremento di investimenti della storia repubblicana nel settore della Difesa".

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