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Governo al lavoro, il tesoretto sale a 12 miliardi. Non tutti saranno usati subito

Carlantonio Solimene
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Due partite parallele. Sono quelle che si accinge a giocare il governo Meloni in vista del Cdm di domani. Da un lato ci sarà l’aggiornamento della Nadef, che sarà determinante per stabilire su quali saldi di finanza pubblica si baserà la prima manovra economica del governo. Dall’altro il probabile varo di un nuovo decreto Aiuti, il quarto dopo i tre già licenziati dal governo Draghi, per arginare gli effetti del caro bollette.

Su quest’ultimo fronte, la buona notizia è che il famigerato «tesoretto» lasciato in dote dal governo Draghi sarebbe ulteriormente lievitato. Dai circa 9 miliardi ipotizzati alcune settimane fa ai 12 stimati dal Centro Europa Ricerche. A determinare il ritocco verso l’alto sia i dati sul Pil del terzo trimestre licenziati dall’Istat, con una crescita dello 0,5% assai superiore a quanto precedentemente comunicato, sia l’aumento delle entrate fiscali in virtù dell’inflazione galoppante. Un aspetto, quest’ultimo, da prendere con le molle, perché significa anche una maggiore spesa in interessi sul debito pubblico nel 2023.

Come che sia, l’esecutivo non avrebbe intenzione di giocarsi l’intero bonus sul decreto Aiuti. A essere stanziati, infatti, dovrebbero essere circa 7-8 miliardi, per spostare i 3-4 restanti sul bilancio del prossimo anno e rendere più «corposa» la Finanziaria. Tra le misure che sicuramente non mancheranno nel decreto la proroga del credito d’imposta sui consumi energetici delle imprese e l’azzeramento degli oneri di sistema nelle bollette, che dovrebbe essere prolungato fino al giugno dell’anno prossimo. Prevista anche l’estensione dello «sconto benzina» di trenta centesimi al litro, che altrimenti scadrebbe il 18 novembre. Mentre è ancora in discussione la possibilità di allargare la platea dei beneficiari del bonus sociale di 150 euro varato dal governo Draghi.

 

 

 

 

In quanto alla Nadef, invece, è possibile che il governo decida di abbassare sostanzialmente le stime sulla crescita del Pil nel 2023. L’ultima previsione targata Draghi ipotizzava un +0,6% del Pil, che però adesso potrebbe essere completamente azzerato. Da questo punto di vista, pesano anche gli outlook delle agenzie di rating. Ieri Moody’s, nel rapporto dedicato al settore bancario, ha messo nero su bianco che il prossimo anno il Pil italiano non crescerà perché si faranno sentire «l’impatto della crisi in Ucraina, della crisi energetica e dell’alta inflazione». Una situazione che, sottolinea il rapporto, metterà in grave difficoltà la rete bancaria, come peraltro accadrà anche in Germania e diversi Paesi dell’Europa dell’Est.

Anche in virtù di questi dati, l’intenzione del governo è quella di ottenere il via libera dall’Europa a un indebitamento netto del 4,5% rispetto al 3,4 lasciato in eredità da Draghi. Significherebbe un margine di ulteriori venti miliardi che, secondo Meloni, «serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà. Dobbiamo vedere come superare l’inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi». «Vogliamo dare qualche segnale - ha aggiunto la premier - come la tassazione al 15% sugli aumenti di reddito e il passaggio da 65.000 a 100.000 euro della quota di fatturato delle partite Iva tassate anch’esse al 15%». «Se l’Europa non riuscisse a tagliare l’allineamento del costo del gas da quello dell’energia elettrica, che è fonte di grandi speculazioni, lo faremo noi», ha spiegato ancora Meloni. Una partita, quest’ultima, che potrebbe impegnare 3/4 miliardi. Infine, oltre alla necessità di prolungare il periodo transitorio sul fronte pensionistico ed evitare il ritorno improvviso della legge Fornero (un altro anno di quota 102 o, al limite, quota 103) potrebbe arrivare anche un decreto fiscale con la sospensione delle cartelle esattoriali. Su questo, almeno, spingono moltissimo sia Lega che Forza Italia.
 

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