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Nuovo governo, "che succede senza l'accordo nel centrodestra". L'altro scenario

Christian Campigli
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Ad un passo dal baratro. Dalla conclusione di un sogno solo ipotizzato. Il centrodestra cerca una nuova compattezza, dopo quarantotto ore di enormi difficoltà, di una distanza diventata, ad un certo punto, incolmabile.

La riunione di ieri, che Silvio Berlusconi ha tenuto con i propri fedelissimi, ha dato i buoni frutti sperati: oggi ci sarà l'incontro con Giorgia Meloni e lo strappo, salvo sorprese inattese, verrà ricucito. Il paradosso di questa intricata vicenda è che, col senno del poi, meglio ci sia stata oggi che tra un mese o tra due anni. I due leader e, soprattutto, i rispettivi entourage, hanno ben compreso che non esiste un'alternativa credibile al centrodestra.

Le ipotesi di un nuovo voto a gennaio sono ben oltre l'utopia. Uno scenario che difficilmente verrebbe avallato da Sergio Mattarella. Giorgia Meloni, qualora non fosse in grado di consegnare una lista dei ministri al Presidente della Repubblica, perderebbe l'occasione della vita. Nascerebbe, a quel punto, un esecutivo tecnico, guidato, con ogni probabilità, da Mario Draghi. Sarebbe il trionfo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. E Fratelli d'Italia precipiterebbe nei sondaggi, calando, in un sol colpo, di almeno due terzi dei consensi. Fondamentale il ruolo di PierSilvio e Marina Berlusconi, che hanno invitato il padre alla calma e alla razionalità.

I tempi di Forza Italia al 35% sono lontani. E la possibilità di una scissione, di fronte ad una decisione dell'ex presidente del Milan di forzare la mano e non appoggiare il governo Meloni, è dietro l'angolo. “Resterebbero accanto a lui in due, forse tre. Gli altri, me compreso, hanno già deciso il proprio futuro. Tre quinti confluirebbero nella Lega, un quinto in Fdi e un quinto andrebbe con Renzi”, racconta un importante senatore di Forza Italia.

Uno scenario da incubo, che potrebbe mettere in fibrillazione anche le aziende dell'universo Mediaset. Senza dimenticare gli elettori, in particolar modo quelli conservatori, che detestano litigi ed estenuanti trattative. La disputa di oggi può servire un domani, alla prossima finanziaria o al passaggio parlamentare sul nuovo invio di armi in Ucraina, sul caro bollette e sul taglio delle aliquote. Aver ben chiaro in testa che l'unica alternativa a questo esecutivo è il ritorno di Mario Draghi a Palazzo Chigi e del Partito Democratico nella maggioranza servirà a trovare compattezza nei giorni più difficili. 

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