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Zero prove sui fondi russi ai partiti, Franco Gabrielli va al Copasir

Carlantonio Solimene
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Questa mattina Franco Gabrielli, l’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, sarà ascoltato dal Copasir sul caso del dossier dei servizi Usa sui finanziamenti russi a partiti ed esponenti politici di alcuni Paesi. Trecento milioni di dollari elargiti dal Cremlino dal 2014 in poi a esponenti politici di una ventina di Paesi. Un elenco nel quale - stando a quanto trapela dagli Usa - non ci sarebbero big o partiti italiani. E che tuttavia, complice l’imminente data delle elezioni, ha provocato un terremoto a Roma. Sarà l’occasione, l’audizione di Gabrielli chiesta dal presidente del Comitato Adolfo Urso, per verificare se i Servizi italiani hanno ricevuto dai colleghi statunitensi qualche informazione in più rispetto ai risicatissimi frammenti trapelati finora. Una circostanza che, però, appare improbabile, dato che il dossier pensato ed elaborato quando alla Casa Bianca c’era già Joe Biden - quindi piuttosto recente - risulta «classificato». E resterà segreto. Il ché darà adito ad altri giorni di illazioni senza che sul tavolo ci sia niente di concreto. Ieri, al proposito, è stata resa nota una telefonata tra Draghi e il segretario di Stato americano Antony Blinken nella quale, almeno ufficialmente, non si sarebbe parlato del dossier, anche se è difficile immaginare non ci sia stato almeno un accenno. Mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha riferito di «aggiornamenti ricevuti dalla Farnesina».

Dopo la notizia sull’esistenza del dossier qualche particolare sembrava averlo aggiunto l’ex ambasciatore Usa alla Nato Kurt Volker. Che, in un’intervista a Repubblica, aveva citato espressamente Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia tra i destinatari degli aiuti di Mosca. Parole che, come ammesso dallo stesso Volker, non si basavano su «prove dirette personali» ma su un «ritornello costante». Ieri poi l’ex ministro degli Esteri italiano ai tempi del governo Monti, Giulio Terzi di Sant’Agata - candidato con Fratelli d’Italia in queste elezioni - ha riferito a Libero di aver chiesto conferma a Volker di queste dichiarazioni. Lo statunitense, come conferma lo scambio di messaggi mostrato da Terzi, avrebbe di fatto smentito le accuse: «Non ho conoscenze di fondi inviati dalla Russia al partito (Fratelli d’Italia, ndr) e pensavo di aver detto questo (a Repubblica, ndr)».

Insomma, un enorme polverone che, al momento, si basa sul nulla. E che rischia di rimanere tale. Al punto che, secondo gli analisti, si tratterebbe solo di un «avvertimento» dell’intelligence statunitense tanto al Cremlino che ai suoi presunti fiancheggiatori europei. Un atteggiamento che, con le imminenti elezioni italiane, sconfina a sua volta nell’ingerenza. E, d’altronde, c’è un’altra frase di Volker nell’intervista rilasciata a Repubblica decisamente inquietante: a proposito di Fratelli d’Italia spiega che «negli ultimi tempi hanno detto le cose giuste e se andranno al potere dovremmo incoraggiarli anche a farle». Il dossier potrebbe essere il primo atto di questo «incoraggiamento».

A cavalcare i presunti (e smentiti coinvolgimenti) italiani è ovviamente il centrosinistra. Con il Pd che invoca «chiarezza» e il ministro Di Maio che, incurante del suo ruolo che imporrebbe prudenza, si spinge a ipotizzare l’esistenza di altri dossier. Usando, naturalmente, il condizionale. Eppure proprio Di Maio dovrebbe sapere quanto le accuse su presunti fondi esteri rischi di inquinare la politica senza prove a supporto. Basterebbe ricordare la fantomatica «valigetta» che l’allora suo Movimento 5 Stelle avrebbe ricevuto dal Venezuela, vicenda poi finita nel nulla. O rammentare il famoso «scandalo Savoini» scoppiato all’epoca del Conte I, di cui Di Maio era vicepremier. Allora si ipotizzò che l’emissario di Salvini trattasse tangenti russe per conto del partito usando come veicolo gli acquisti di gas da parte dell’Eni. L’incontro all’hotel Metropol di Mosca con alcuni esponenti russi era datato 18 ottobre 2018, le prime notizie a riguardo furono pubblicate nel febbraio 2019. Da allora la Lega è il partito maggiormente accusato per i suoi presunti legami con Mosca. Eppure, a distanza di quattro anni, l’inchiesta non è ancora giunta a conclusione e i soldi non sono mai stati trovati. Esempio perfetto di un capitolo - quello dell’influenza del Cremlino sulla politica italiana - di cui si parla sempre tantissimo. Ma, il più delle volte, basandosi sul nulla.
 

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