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Giorgia Meloni, "è un pericolo". Ma prima facevano la fila: contraddizioni sinistre

Dario Martini
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Il collante del centrosinistra è il «pericolo Meloni». A sentire i leader dei partiti che si oppongono al centrodestra il 25 settembre bisogna andare a votare in massa per impedire che la leader di Fratelli d'Italia- prima stabilmente in tutti i sondaggi - finisca a Palazzo Chigi. «È troppo di destra», è l'avvertimento. E ancora: cosa ne sarebbe dell'Italia se diventasse premier chi intrattiene rapporti politici con Viktor Orban? Poi, come in ogni campagna elettorale che si rispetti, è già tornato alla ribalta il «rischio fascismo». C'è chi lo dice apertamente, come ha fatto ieri ad esempio lo scrittore e giornalista Alan Friedman, che ha twittato: «Quiz: che cosa potrebbero avere in comune (nella storia della politica italiana) il 1922 e il 2022?».

Il riferimento, per nulla velato, è alla Marcia su Roma. Un pericolo evocato mercoledì scorso anche dal segretario del Pd Enrico Letta alla festa dell'Unità di San Miniato: «Potrei usarla, ma non userò la parola fascismo, nonostante ci siano molti motivi per farlo». Poi ha aggiunto: «Nel simbolo di FdI c'è tutto il legame con quella storia politica che loro non vogliono chiaramente nascondere». Eppure è lo stesso Letta che neanche otto mesi fa - era il 9 dicembre 2021 - non si è fatto problemi a fare l'ospite d'onore alla festa romana di Atreju, la manifestazione politica dei giovani di FdI. Nell'occasione riuscì anche a strappare qualche applauso, tanto da creare forti ma di pancia tra i parlamentari del Pd. Le uscite pubbliche di Letta e Meloni non finiscono certo qui. Era il 18 maggio scorso quando hanno presentato insieme l'ultimo libro del politologo Giovanni Orsina alla Luiss.

Stessa scena il 21 dicembre quando i due leader di partito sono stati ospiti alla presentazione dell'ultima fatica letteraria di Luciano Violante. Un mese prima erano sempre in tandem alla presentazione del libro di Bruno Vespa. Letta non si è fatto problemi nemmeno ad aprile scorso, quando insieme a Meloni ha partecipato ad un convegno al Senato della Fondazione Fare Futuro. In tutte queste occasioni il segretario del Pd non ha mai messo in guardia le platee dal rischio fascismo.

Letta, però, è in buona compagnia. La lista degli avversari politici che hanno fatto la fila per sfilare alla convention di Meloni è lunga. Giuseppe Conte è stato ospite sia da premier (2019), che da capo politico del M5S (2021). In entrambe le occasioni non ha risparmiato sorrisi, abbracci e pacche sulle spalle. Fa un certo effetto, quindi, leggere oggi dichiarazioni come quelle pubblicate sulla bacheca Facebook del M5S, dove la presidente di FdI incarnerebbe una «destra estremista e intollerante». 

Come dimenticare, invece, le parole al miele pronunciate da Luigi Di Maio sul palco di Atreju nel dicembre scorso: «Giorgia è più affidabile di Matteo Salvini». Adesso, invece, definisce la coalizione di centrodestra «un'alleanza di estrema destra», proprio in virtù del fatto che il primo partito è quello dell'«affidabile» Giorgia. Non tutti, a dire il vero, evocano il «pericolo nero».

Anche Matteo Renzi lo scorso anno partecipò alla convention di Fratelli d'Italia. Spiegò di aver accettato con piacere l'invito, ma aggiunse anche di «non sentirsi a casa» per il semplice fatto di appartenere ad «un'altra parte politica». Oggi, in vista del voto, sceglie di evitare strumentalizzazioni, lanciando un messaggio chiaro al Pd: «Non posso sconfiggere Meloni e Salvini evocando il fascismo. Non va bene, non è vero. Io voglio sconfiggerla con i contenuti, non con i fantasmi».

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