Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Zingaretti scende in campo, 5Stelle divisi e il centrodestra scalda i motori. Il rebus del voto nel Lazio

Susanna Novelli
  • a
  • a
  • a

La decisione è irrevocabile. Nicola Zingaretti scende in campo nella campagna elettorale nazionale perché «il centrodestra non c'è più: c'è la destra. E solo con il Pd si può fermare il loro progetto - ha scritto sui social il governatore del Lazio - Lavoro, scuola, semplificazioni, lotta alle disuguaglianze: ora, come abbiamo fatto con la pandemia, noi vicino alle persone».

 

Uno slogan già pronto per la sua candidatura alla Camera dei Deputati probabilmente nel "blindadissimo"Collegio Lazio 1, un passo del resto atteso se non addrittura scontato per il presidente della Regione che, al secondo mandato, non è più ricandidabile. Il pressing del partito, infatti, è tutt' altro, ovvero sui tempi delle dimissioni di Zingaretti che i suoi fedelissimi le indicano nel 24 agosto, giorno dell'accettazione della candidatura ma che gran parte dei dem laziali spinge per spostare a metà ottobre, quando si avrà la proclamazione degli eletti. Questo significa spostare il voto delle regionali da ottobre a gennaio. Tre mesi che possono fare una differenza decisiva nello schema delle alleanze e per questo a chiedere al governatore di ritardare le dimissioni si sono aggiunti anche i Cinquestelle. Il diktat del segretario dem, Enrico Letta di non allearsi con il Movimento 5 Stelle è stato mal digerito nel Lazio, motivo in più per cui un divario temporale maggiore tra elezioni poltiche e regionali sarebbe assai utile a poter riproporre senza imbarazzo un alleanza Pd-M5S.

 

Ed è proprio in casa Grillo che il terremoto si fa più cruento. Se il comico punta a questo punto su Virginia Raggi per avere una testa d'ariete in grado di contenere la perdita del consenso popolare, in Regione ci si interroga su Roberta Lombardi, da sempre non «compatibile» con l'ex sindaca che potrebbe infatti porre veti proprio su di lei. Sul tavolo anche il destino del neonato gruppo di Luigi Di Majo nel quale proprio la Lombardi potrebbe trovare casa. Ma se nel centrosinistra il tema delle regionali è legato soprattutto all'intreccio delle candidature dei futuri consiglieri, avendo comunque in pista per la presidenza almeno due nomi forti sui quali puntare, Daniele Leodori e Alessio D'Amato, nel centrodestra si naviga in acque altissime. A cominciare da quale partito dovrà imporre il candidato presidente. Basandosi sui risultati delle recenti elezioni capitoline e dai sondaggi in corso, spetterebbe a Fratelli d'Italia, ma finendo il Lazio nel tetris delle altre regioni al voto, Sicilia in primis, non è da escludere che, a conti fatti, spetti a Lega o FI farlo. Il problema tuttavia è nel nome e non tanto di chi debba farlo. Il centrodestra paga infatti la carenza di personaggi locali in grado di portare la coalizione a vittoria sicura. La strada indicata sembra tuttavia quella del centrismo.

 

Una figura moderata in grado di prendere i voti che da sempre fanno la differenza, quelli al centro. Per questo è cominciato il pressing su Luciano Ciocchetti, già vice presidente del Lazio e con una lunga carriera parlamentare. In alternativa starebbe per partire la caccia a un «civico» sul modello che portò la Polverini alla guida della Regione che ora, dopo oltre dieci anni, il centrodestra potrebbe tornare a governare.

Dai blog