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Crisi di governo, Giorgia Meloni realizza l'en plein: voto e coalizione unita

Carlantonio Solimene
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Vincere senza dover fare quasi nulla. Giorgia Meloni chiude la partita del governo Draghi incassando più di quanto potesse sperare. Il voto anticipato, con ogni probabilità. Ma, soprattutto, la ritrovata unità del centrodestra. È stato proprio un lancio delle agenzie che la riguardava, quello sui «ripetuti contatti con Salvini» arrivato intorno alle 16 di ieri, a dare il segnale del game over sull'esecutivo di unità nazionale. Perché quel legame con il leader della Lega ostentato nelle ore decisive della crisi aveva un significato ben preciso: il centrodestra si stava muovendo compatto. E, di conseguenza, un'ennesima frattura - con Lega e Forza Italia piegati a rivotare la fiducia del premier e Fratelli d'Italia all'opposizione - era da escludere. Certo, c'era sempre il precedente del Quirinale, quando Salvini si smarcò d'improvviso dalla linea comune.

Ma, stavolta, il tempo per ricucire da qui alla fine della legislatura sarebbe stato troppo poco. Così la leader di Fratelli d'Italia, dopo aver sentito anche Silvio Berlusconi al termine del voto del Senato, ha potuto celebrare la giornata con un comizio già in precedenza fissato a piazza Vittorio, nel centro di Roma. «Mi ricordo quando tutti ci guardavano dall'alto in basso perché noi eravamo quelli che non capivano niente della politica e ci stavamo mettendo in un angolo. Dopo un anno, si è visto chi capisce le dinamiche della nostra democrazia» ha rivendicato Giorgia Meloni.

«Questa legislatura è finita. Si può andare al voto anche tra due mesi, Fratelli d'Italia è pronta. Il centrodestra è pronto» ha aggiunto. Invitando i militanti presenti a «non avere paura di essere liberi, di scegliere, di fare quello che vi dice la vostra coscienza: votate e scegliete, la nazione ha disperato bisogno di recuperare orgoglio e libertà». Un «non avere paura» che, tra le righe, sembra anche riferirsi aquello che potrebbe avvenire in campagna elettorale. Al fronte «antifascista» che affilerà le armi, così come ai prevedibili segnali dei mercati che da oggi potrebbero manifestarsi.

Tutti fattori che, secondo Fratelli d'Italia, proveranno a minare il cammino dei «patrioti» verso il voto. Un cammino che, con il centrodestra unito e la sinistra disastrata, potrebbe riservare grandi soddisfazioni alla leader. Lei non si sottrae: «Io ho le mie idee su come debba essere governata questa nazione, quale debba essere la strategia industriale, il posizionamento geopolitico, la classe dirigente capace di governarla e le priorità sulle quali le poche risorse che abbiamo debbano essere investite».

A partire, ovviamente, dall'economia: «Il problema di questa nazione è che non ha una strategia industriale, non c'è nemmeno nel Pnrr. O l'Italia capisce dove vuole stare sul piano globale oppure continuiamo a sperperare risorse. La priorità è abbassare il costo del lavoro perché è l'unico modo per crearne di nuovo in Italia».

Nessuna fuga in avanti «il tema del chi fa cosa verrà dopo»- ma semplice volontà di fare chiarezza: «Prima di tutto dobbiamo definire confini della coalizione e programmi». Un aspetto non secondario, visto che da domani l'unità ritrovata con gli alleati andrà tradotta in una serie di passaggi. A partire dall'annosa composizione delle liste e dall'assegnazione delle candidature nei collegi uninominali. Problemi dei giorni a venire. Ieri era ancora il momento dell'orgoglio.

Un frangente in cui non è mancata una frecciata a Mario Draghi: «La differenza tra le democrazie e i regimi totalitari è che in democrazia, il modo per valutare se i cittadini ti chiedono di governare è il voto. Le parate, le raccolte di firme, più o meno indotte, più o meno libere sulla base dell'interesse o della paura non funzionano, funzionano in un regime. Se Draghi vuole verificare il consenso degli italiani si candidi alle elezioni». Lui forse non ci sarà. Lei certamente sì. 

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