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Draghi in Algeria per firmare accordi. Ecco chi sono i nuovi padroni del gas

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Dario Martini
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Questa mattina Mario Draghi uscirà dal suo isolamento a Città delle Pieve e volerà ad Algeri con sei ministri al seguito. L’occasione è troppo importante: il quarto vertice intergovernativo italo-algerino. Deve firmare una serie di accordi in ambito energetico con il Paese che sta sorpassando la Russia come nostro maggior fornitore di gas.

Dall’inizio della guerra in Ucraina il governo ha messo in campo una strategia di ampio respiro per svincolarci dalla dipendenza russa. Se prima importavamo da Mosca il 40% del nostro gas, in pochi mesi siamo scesi al 25%. L’Algeria, già al 30%, pochi giorni fa ha annunciato che questa settimana aumenterà l’esportazione di gas in Italia di altri 4 miliardi di metri cubi l’anno, facendo in modo che si raggiunga un picco previsto di 30 miliardi. Questo accordo segue l’intesa siglata la scorsa primavera, in base a cui le forniture sono state aumentate di 3 miliardi di metri cubi da subito e di altri 6 miliardi dal 2023, per arrivare ad un totale di 9 miliardi fra gas e gnl (gas naturale liquefatto).

 

I rapporti tra i due Paesi si sono consolidati sempre di più negli ultimi mesi: prima c’è stata la visita di Stato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Algeria a novembre dello scorso anno; poi il viaggio ad Algeri del premier Draghi ad aprile scorso e, a fine maggio, la visita di Stato del presidente algerino Abdelmadjid Tebboune a Roma. Al vertice di oggi parteciperanno anche i ministri Di Maio (Esteri), Lamorgese (Interno), Cingolani (Transizione ecologica), Cartabia (Giustizia), Giovannini (Infrastrutture) e Bonetti (Pari opportunità). Sono coinvolte 300 aziende italiane e algerine. Le nostre imprese con presenza stabile nel Paese africano sono circa 200. La più importante è l’Eni, che di recente ha siglato un accordo con l’algerina Sonatrach per l’accelerazione dello sviluppo di campi a gas in Algeria e la decarbonizzazione attraverso idrogeno verde. Lo scorso anno il valore dell’interscambio Italia-Algeria è stato pari a 7,34 miliardi di euro, di cui 5,58 (+77,6%) le nostre importazioni e 1,76 le nostre esportazioni (-9,1%).

AZERBAIGIAN
Per sostituire tutto il gas russo - obiettivo da raggiungere entro il 2024 - l’Algeria non basta. Il governo negli ultimi mesi ha stretto accordi per aumentare l’approvvigionamento anche da altri Paesi i cui standard democratici non sono brillantissimi. Tra questi c’è l’Azerbaigian, il nostro terzo maggior fornitore nel 2021 con il 9,9% del gas importato attraverso il gasdotto Tap in Puglia. A inizio aprile l’Italia ha siglato un nuovo accordo che prevede l’aumento di 2,5 miliardi di metri cubi entro la fine dell’anno (da 7 a 9,5 miliardi).

TURCHIA
A inizio luglio Draghi ha fatto visita a Erdogan ad Ankara. La Turchia ha aumentato del 62,5% il gas trasportato col gasdotto Tanap, che si collega poi al Tap. Il Paese del "Sultano" si candida così a diventare il nostro secondo fornitore una volta che ci saremo sfilati completamente dalla Russia.

QATAR
L’emirato arabo garantisce già il 9,5% del nostro gas. A fine giugno l’Eni ha sottoscritto un accordo con Qatar Energy per entrare nella realizzazione del North Field East, il giacimento più grande al mondo di gas liquefatto.

 

EGITTO
Ad aprile l’Eni ha concordato un aumento di tre miliardi di metri cubi dal Cairo. Inoltre, il governo italiano a giugno ha siglato un’intesa trilaterale per l’approvvigionamento di gas israeliano attraverso un gasdotto che passa dal deserto egiziano.

CONGO, ANGOLA E MOZAMBICO
Sempre ad aprile, nel giro di due giorni, l’Italia ha firmato due accordi con i governi di Congo e Angola. Il primo prevede l’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto pari a circa 4,5 miliardi di metri cubi l’anno. A luglio Mattarella si è recato in Mozambico, dove nel nord del Paese sono stati scoperti alcuni dei giacimenti off shore più ricchi di gas al mondo. Le trattative sono avviate.

LIBIA
Infine, c’è la Libia, che attualmente ci assicura il 4,4% del nostro gas. Il governo vorrebbe aumentare questo quantitativo, ma l’attuale situazione politica in cui versa il Paese non fornisce adeguate garanzie. Nonostante tutta questa ampia azione diplomatico-commerciale, la dipendenza italiana dalla Russia è ancora alta. Un’ulteriore drastica riduzione delle forniture creerebbe non pochi problemi. Per questo motivo l’altro fronte su cui agire è quello dello stoccaggio. A fine giugno era già triplicato rispetto allo standard prima della guerra, raggiungendo un livello del 56,06%. L’Unione europea ritiene che la soglia di sicurezza sia l’80%. Il ministro Cingolani ha fatto sapere che ci arriveremo entro l’anno, toccando addirittura l’85%. Intanto, mercoledì la commissione Ue metterà in campo il piano di emergenza energetico, che poi dovrà essere approvato dal Consiglio europeo. Si tratta delle misure straordinarie, inclusi i razionamenti, che dovranno essere applicate nel caso in cui la Russia non riprendesse ad assicurare i flussi di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1, che collega la Russia alla Germania, fermo ufficialmente per «lavori di manutenzione».
 

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