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Il Centro dei veleni. Giovanni Toti prova a unire ma tutti già litigano

Pietro De Leo
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«Ora tiriamo su le cazzuole e vediamo di ripulire il palco della calcina». Sorride Giovanni Toti quando, all’ora di pranzo di ieri, chiude la convention della sua creatura politica «Italia al Centro», a Roma, Auditorium Antonianum. Il colpo d’occhio c’è, una fiumana arancione tra striscioni, palco a tema e badge e i tanti arrivati per questa giornata che, dice Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale, serve a «recintare uno spazio. Ci sono persone che pensano che c’è biosogno di una forza centrale moderata, perché questo spazio è stato grande quanto è stata grande l’Italia». In platea ci sono i parlamentari, i consiglieri regionali. Ci sono buoni esempi di governo del territorio, dal sindaco di Genova fresco di rielezione al primo turno Marco Bucci al giovane, ma già alla seconda esperienza, assessore regionale ligure Giacomo Giampedrone. E c’è la voglia di partire: «dai progetti- dice al Tempo la deputata Manuela Gagliardi, fedelissima di Toti - Economia, ambiente, immigrazione e donne sono le nostre priorità per far uscire il Paese dalla crisi e conquistare l’area moderata». Toti, dal palco evidenzia: «Le attuali coalizioni non esistono più, sono cooperative elettorali». Dunque «se vogliamo mettere l’Italia al centro cominciamo da qui, dal darle un sistema di alleanze e un sistema istituzionale che funzioni, un sistema che metta insieme un sistema elettorale, di alleanze e un forma di Stato e di governo che consenta di guardare al futuro». Insomma, l’entusiasmo c’è, e gli ospiti che si alternano sul palco sono tanti.

 

 

Tra questi Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari Regionali, che dice: «non sono alla ricerca di collocazioni politiche, ma in quanto ministro di questo governo mi confronto volentieri su un’agenda molto ricca». E il tasto dolente, però, arriva quando gli altri ipotetici soci del cantiere, prendono la parola. Calenda invita Toti alla propria, di costituente, e ribadisce la sua, per utilizzare un eufemismo, «non stima» verso Mastella. Il quale Mastella poi arriva, accompagnato dal responsabile comunicazione del suo «Noi di Centro» Giorgio Lainati, nome storico della Forza Italia di un tempo, e dal palco spara a palle incatenate sul leader di Azione: «La strategia del "pariolino" non mi convince», dice puntando il dito sul fatto che con i veti «non si va da nessuna parte e io non vorrei che poi facesse l’alleanza con il Pd». Poi c’è Ettore Rosato, il coordinatore di Italia Viva: «Evitiamo di fare dieci costituenti di centro, perché diventiamo antitetici. Mettiamo insieme le energie che sono superiori alla somma dei nostri partiti, sono le energie di quanti sostengono il governo Draghi. Facciamo un programma condiviso, e credo che la lista sia condivisa. Ma dobbiamo essere chiari».

 

 

Insomma, il cantiere è aperto, le potenzialità pure (uno studio presentato da Antonio Noto alla convention si spinge fino al 14-18%), Però occorre mettere a sistema i turni di lavoro. E nel frattempo da Forza Italia continuano a punzecchiare: dopo il video messaggio di venerdì, in cui Berlusconi ha ricordato che il monopolio del centro spetta agli azzurri, ieri ne ha diffuso un altro in cui scandisce i contenuti di una forza moderata, attenta alla famiglie e pienamente incardinata sull’Occidente. Insomma, vuol presidiare lui. Sulla stessa scia, Antonio Tajani twitta: «Assistiamo all’ennesima sfilata di generali senza truppe. Le esperienze del Ncd o del partito di Monti avrebbero dovuto insegnare qualcosa».

 

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