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Boom di partiti con “Italia” nella sigla. La tendenza per dimostrare inclusività

Pietro De Leo

Ingorgo Italia. O forse, sarebbe il caso di dire diluvio Italia, stante il numero di partiti, sempre crescente, che ne portano il nome. Balzava agli occhi, qualche giorno fa, il tweet del giornalista di Radio24 Simone Spetia che, dopo la costola di Coraggio Italia andata da sola e denominatasi Vinciamo Italia, ha messo nero su bianco l'elenco dell'Italia tirata di qui e di là. E oltre alle su citate realtà, il novero conta ovviamente Forza Italia e Fratelli d'Italia, ma anche Italia al Centro (Toti e Quagliarello), Noi con l'Italia (Lupi), Italia Viva (Renzi). E volendo esser ancor più chirurgici, non vanno dimenticati Italexit per l'Italia (Paragone), componente del misto al Senato, e la rediviva Italia dei Valori tornata a sventolare il vessillo in coabitazione con altre forze sempre a Palazzo Madama. Una valanga tricolore che non è tratto esclusivo di oggi, ma segna una sorta di filone inaugurato nella Seconda Repubblica.

 

  

 

Lo racconta al Tempo Gabriele Maestri, curatore dell'aggiornatissimo sito «isimbolidelladiscordia.it». Maestri è il maggiore studioso italiano di simboli e denominazioni dei partiti, assai esperto del racconto politico, storico e anche (spesso) legale nascosto in ogni logo che, nel corso degli anni, abbiamo trovato sulla scheda elettorale oppure solo sui giornali. Nella cosiddetta prima Repubblica, spiega, «in quasi tutte le denominazioni compariva l'aggettivo "italiano", dunque non il termine "Italia", ma il richiamo tricolore era presente solo in tre partiti: il Pci, con la bandiera rossa sovrapposta a quella italiana, il Pli, e il Msi con la fiamma». Poi però, «dopo la discesa in campo di Berlusconi e la nascita di Forza Italia, c'è stata una corsa ad utilizzare la parola, non più abbinata alle ideologie. E trapelò persino che lo stesso Berlusconi, nel 2011, avesse in animo di liquidare l'allora Popolo della Libertà per sostituirlo con un movimento chiamato solo "Italia", ma un'esclusiva su quel nome sarebbe stata problematica». Ecco quindi spiegato il fenomeno. L'argine rotto dalla nascita del berlusconismo e un dato formale che, come noto, ne nasconde uno di cultura e di sostanza: ossia la convinzione che citando la parola «Italia» nel nome si dimostri inclusività e la volontà di abbracciare la complessità del nostro Paese. E allora andando a ritroso, nel corso degli anni, c'è una ricca spoon river di partiti a vario modo archiviati, confluiti in qualche contenitore più ampio, oppure che non hanno mai affrontato prove elettorali importanti.

 

 

A quest'ultimo novero va sicuramente assegnato «Italia Futura», progetto che, nel 2013, segnò la quasi discesa in campo di Luca Cordero di Montezemolo. Poi non se ne fece nulla, e alcuni esponenti di quel contenitore furono candidati nelle liste di Scelta Civica, anch'essa «per l'Italia». Che poi sappiamo com'è andata a finire. Peraltro, una delle realtà uscite dalla sua dissoluzione fu «Popolari per l'Italia» guidato da Mario Mauro. Ma nella scorsa legislatura non mancò neanche «Direzione Italia», fondato dall'attuale eurodeputato di Fratelli d'Italia Raffaele Fitto, dopo l'uscita da Forza Italia. E poi ci sono quelle esperienze nate con grandi aspettative che poi hanno trovato maggiori difficoltà di radicamento, tanto che oggi i loro fondatori sono tornati alle occupazioni precedenti. È il caso di Italia Unica, movimento del banchiere Corrado Passera, che dopo l'esperienza nel governo Monti come ministro dello Sviluppo Economico non volle aderire al progetto del Senatore a vita ma creare un movimento proprio. Oppure di Energie per l'Italia, guidato da Stefano Parisi. Il manager e imprenditore fu protagonista delle cronache politiche dell'estate 2016, quando sembrò che Berlusconi volesse affidargli la guida di Forza Italia. Poi, però, qualcosa andò storto e decise di fare da sè. Nessuna delle due realtà prese il via in modo consistente. Andando ancora più indietro, poi, nella legislatura 2008-2013 ben due partiti del terzo polo sono collocabili in questa breve carrellata: si tratta di Futuro e Libertà per l'Italia, guidata da Gianfranco Fini e Alleanza per l'Italia di Francesco Rutelli.