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Referendum giustizia, la deputata Giusi Bartolozzi spinge al sì

Pierpaolo La Rosa
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«Bisogna votare sì il prossimo 12 giugno ai cinque quesiti referendari sulla giustizia perché credo sia l’ultima occasione rimasta ai cittadini italiani di cambiare realmente il sistema giustizia nel nostro Paese». Ne è sicura Giusi Bartolozzi, deputata del gruppo Misto, componente della commissione Giustizia della Camera ed esponente del comitato per il sì.
Sono molte, però, le aspettative intorno alla riforma della ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
«La riforma della ministra Cartabia si è svelata assolutamente inadeguata a risolvere i grandi mali della giustizia italiana e questo in parte perché la ministra ha dovuto comporre una maggioranza parlamentare eterogenea. Innegabile, però, che il testo iniziale era di modesta portata ed è rimasto tale anche nella versione licenziata dalla Camera dei deputati. D’altro canto, mi parrebbe impossibile, sui temi della giustizia, mettere d’accordo Movimento 5 stelle, Partito democratico, Liberi e uguali con forze garantiste che sostengono il governo quali si sono sempre dimostrate Forza Italia e Lega. Si è trovata non una mediazione, che poteva anche andare bene, ma un compromesso al ribasso che ha mortificato lo spirito della riforma».
L’Anm parla di sentimenti di rivalsa, nella riforma Cartabia, nei confronti delle toghe.
«La riforma Cartabia è un cadeau alla magistratura delle correnti, a quella di apparato. Arriverà il 14 giugno in votazione al Senato, dopo essere stata approvata alla Camera e dunque dopo l’esito referendario: se i cittadini si recheranno, come spero, in grande numero alle urne e se, come spero, prevarrà il sì, si darebbe un importante segnale che il Parlamento non potrebbe disattendere. Oggi più che mai, occorre votare sì».
Lei è un magistrato in aspettativa. Strano che sui temi della giustizia non la pensi come diversi suoi colleghi...
«Non è affatto strano e il dato sulla partecipazione allo sciopero proclamato dall’Associazione nazionale magistrati, al di sotto del 50%, dimostra che gran parte delle toghe vuole una riforma seria. Sono certa che la gran parte della magistratura che ogni giorno lavora silente, e che non cerca richiami mediatici di sorta, voglia un sistema giudiziario diverso. Il sorteggio dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, il pieno diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari, la limitazione della carcerazione preventiva, l’abolizione dell’automatismo che caratterizza la legge Severino: tutti temi, questi, oggetto dei quesiti referendari».
Perché, a meno di due settimane dal voto, persiste tutto questo silenzio intorno ai referendum?
«Perché a questo sistema conviene più il silenzio. Il sistema non vuole la riforma della giustizia: vuole le mezze riforme, le riforme mutilate, che paiono cambiare la situazione per non cambiare, in realtà, nulla. La giustizia non funzionerà mai fino a quando non daremo piena attuazione all’articolo 111 della Costituzione, alla parità nel processo tra le parti innanzi un giudice terzo ed imparziale».
C’è, poi, la questione del raggiungimento del quorum...
«Occorrerebbe una riforma costituzionale per eliminare il quorum per i referendum abrogativi. È giunto il tempo di una Costituente per le grandi riforme che il Paese attende da tempo».
 

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