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Referendum giustizia, Lucia Annibali: “Al Parlamento serve un segnale per questo bisogna votare sì”

Pierpaolo La Rosa
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«È importante votare sì il prossimo 12 giugno perché tra i temi posti dai quesiti referendari ce ne sono alcuni su cui la politica dibatte ormai da anni.
Pensiamo alla custodia cautelare, alla valutazione della professionalità dei magistrati, alla separazione delle funzioni». Lo afferma la deputata di Italia viva e componente della commissione Giustizia della Camera, Lucia Annibali.

Onorevole Annibali, qual è la valenza dei cinque quesiti referendari sulla giustizia?
«Sono un primo passo per cambiare la giustizia nel nostro Paese. Esprimersi per il sì significa dare un forte segnale ad un Parlamento che ha messo in campo alcune riforme parziali ed incompiute. Favorire la partecipazione democratica del cittadino è fondamentale».

 

 

Ci sono dei quesiti che reputa rilevanti?
«Il quesito sulla separazione delle funzioni, che non è la separazione delle carriere, è a mio avviso importante. È vero che la riforma proposta dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, interviene su questa questione, ma la lascia incompleta, perché prevede sulla carta un solo passaggio tra le funzioni giudicante e requirente. Il quesito referendario azzera, invece, i passaggi ed apre il terreno per una vera terzietà ed equidistanza del giudice rispetto alle parti nel processo».

Cosa ne pensa della riforma Cartabia?
«Parliamo di un disegno di legge delega: quindi, non tutti gli interventi entreranno subito in vigore. Le misure, poi, sulla valutazione complessiva della professionalità dei magistrati, sulla separazione delle funzioni e sul sistema elettorale del Csm appaiono timide. Ad esempio, sulle valutazioni di professionalità si contempla un diritto di voto per l'avvocatura che non è pieno, perché si prevede che avvenga su segnalazione del consiglio dell'ordine. In merito, i referendum sono più diretti, visto che introducono il coinvolgimento nei consigli giudiziari degli accademici - università ed avvocatura-e quindi di tutta la componente laica».

 

 

Cosa non va nella giustizia italiana?
«Credo sia una giustizia che non venga percepita come tale dai cittadini né sul versante dell'efficienza né dal punto di vista dell'autonomia e dell'indipendenza del potere giudiziario. Al di là dei tecnicismi dei quesiti, i cinque referendum pongono una domanda agli elettori: vi sta bene il sistema così com'è o avvertite l'esigenza di un cambiamento?».

C'è ancora tanto, troppo silenzio sui quesiti referendari...
«Per quanto mi riguarda, ci saranno delle iniziative, a livello territoriale, che mi vedranno coinvolta. Come Italia viva, la scorsa settimana abbiamo fatto una maratona oratoria, davanti a Montecitorio, trasmessa da Radio Leopolda insieme a Radio radicale. Bisogna impegnarsi per rompere questo muro del silenzio. Il referendum è un appuntamento importante che implica l'espressione di una scelta da parte dei cittadini sulla vita politica del Paese. I quesiti rappresentano un modo, per gli elettori, di riappropriarsi anche di uno spazio politico che si è andato un po' perdendo nel corso del tempo».

 

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