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Sulla riforma del catasto la minaccia dell'Unione europea. La solita scusa di Paolo Gentiloni: “Una necessità per l'Italia”

Christian Campigli
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Dobbiamo farlo perché ce lo chiede l'Europa. Un mantra attraverso il quale Mario Monti, il Partito Democratico e la sinistra hanno in varie fasi della recente storia del nostro Paese aumentato le tasse o tagliato i servizi. Oggi quell'enigmatica affermazione, quel diktat made in Bruxelles, che non ha mai presagito novità positive per i nostri connazionali, viene ritirato fuori da Paolo Gentiloni, il commissario europeo dell'economia. Nelle raccomandazioni della Commissione Europea all'Italia si chiede di “aggiornare i valori catastali ai valori attuali di mercato. Penso che questo non rappresenti una richiesta di aumento delle tasse o di reintroduzione di tasse sulla prima casa, ma rappresenti una necessità per l’Italia di cui penso il governo italiano sia pienamente consapevole, infatti sta preparando misure in questa direzione”. Queste la parole dell'esponente del Partito Democratico, durante la conferenza stampa a Bruxelles, dopo che la Commissione ha ribadito la necessità di rimodulare il carico fiscale italiano evidenziando che “i valori catastali che servono da base per calcolare l'imposta sul patrimonio sono largamente antiquati”.

 

 

Sulla carta, l'idea della troika potrebbe anche avere un senso. Soprattutto se accompagnata da un consistente taglio del cuneo fiscale. La siderale distanza tra ciò che un lavoratore si mette in tasca e quanto costa assumerlo ad un'azienda è uno dei principali motivi dei preoccupanti dati italiani sulla disoccupazione. La sensazione, palesata più volte dal centro destra, è che la riforma del catasto possa essere, al di là delle parole di circostanza, accompagnata da un evidente innalzamento delle tasse sugli immobili, un ritorno all'Imu sulla prima casa, senza che questo comporti, al contrario, un taglio consistente delle imposte da lavoro dipendente.

 

 

Va infine considerato un ultimo aspetto. I proprietari di casa, in Italia, superano il 73%. A fronte del 51% dei tedeschi e del 64% dei francesi. Numeri chiari, che mostrano come un aumento dei prelievi sugli immobili rappresenterebbe, per tre italiani su quattro, un autentico e ingiustificato salasso. Una scelta miope, che potrebbe incidere negativamente su tutta la filiera dell'edilizia. Una valutazione che non può essere giustificata solo col mantra made in Bruxelles: va fatto perché ce lo chiede l'Europa.

 

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