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Giustizia, Giulia Bongiorno boccia la riforma Cartabia

Angela Barbieri
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«Secondo me per cambiare la giustizia occorre cambiare il Csm. Sono dell’idea che se passasse la riforma Cartabia così com’è avremmo la tipica occasione mancata. Sono venuti da me alcuni magistrati che con il sistema elettorale così come sarà e sanno già che andranno sette di Area e sette di Magistratura indipendente, esattamente perché si sono già fatti i calcoli».

L’avvocato e senatrice Giulia Bongiorno, responsabile del dipartimento Giustizia della Lega, va dritta al punto dal palco della convention «È l’Italia che vogliamo» organizzata dal Carroccio a Roma. «Non serve una riforma di questo genere, io sono stra-favorevole al sorteggio - aggiunge Bongiorno - La legge è uguale per tutti, ma i giudici no, questo non è una offesa ai giudici. Ogni norma ha una parte certa e una zona di penombra in cui ciascun giudice fa opzione interpretativa. Il magistrato non è quello che ha lo zainetto con le sue idee. Il magistrato deve avere la capacità di lasciare quello zainetto delle sue idee e poi valutare correttamente se processare chi non la pensa come lui, per esempio sull’immigrazione clandestina. Il problema è l’etica di quel giudice che deve avere la volontà di lasciare quelle idee». Il riferimento all’immigrazione non è casuale, dal momento che la senatrice è appena tornata da Palermo, dove difende Matteo Salvini nell’ambito del processo per il caso Open Arms.

Alla prima tappa romana del tour della Lega è intervenuto anche l’ex magistrato Carlo Nordio, favorevole ai quesiti referendari proposti proprio dal partito di Salvini. Per Nordio, «non esiste un Paese al mondo che abbia un potere come quello del pm italiano senza responsabilità, perché abbiamo adottato sprovvedutamente il sistema americano. Ma lì è eletto dal popolo, in Italia è inamovibile: in alcuni casi hanno imbastito indagini dolorosissime e costosissime, provocato errori e dimissioni, alterato salute di cittadini, impedito addirittura candidature alle elezioni. O adeguiamo la Costituzione al codice procedurale anglosassone introdotto nell’88, o cambiamo radicalmente il codice di procedura penale eliminando potere immenso».

Una vera riforma non è più rinviabile. Ne è convinto anche il parlamentare leghista Jacopo Morrone, componente della commissione Giustizia alla Camera, il quale ricorda «la lentezza dei processi civili, uno dei fattori determinanti che ostacolano la crescita dell’Italia». «Una giustizia civile inefficiente - aggiunge - produce un limite alla crescita dell’occupazione del 3%, la perdita di due punti di Pil all’anno e scoraggia gli investimenti dall’estero. Basterebbero queste considerazioni oggettive per sollecitare tutta la politica a elaborare una riforma vera e strutturale, quella che noi della Lega sosteniamo con forza». Morrone dice di «aver apprezzato le sollecitazioni e gli spunti arrivati dai relatori» alla convention romana. «Mi hanno rafforzato nella convinzione che al Paese serva una riforma ben più incisiva di quella proposta dal ministro Marta Cartabia e che il referendum del 12 giugno possa dare la spinta decisiva. Non possiamo perdere questa occasione, il vero cambiamento può passare solo da una riforma che incida davvero sui problemi».
 

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