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Centrodestra alla settimana della verità: esame di maturità per la coalizione

Carlo Solimene
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Quando si tratta del centrodestra ipotizzare delle deadline è sempre un esercizio ad altissimo rischio, perché gli stessi leader hanno sovente disatteso le scadenze che si erano dati per rimettere insieme i cocci della coalizione. Ma è fuor di dubbio che la settimana in arrivo costituisca in qualche modo uno snodo decisivo per ricostruire quello che la rielezione di Mattarella aveva sfasciato. Sono almeno due, infatti, gli appuntamenti in agenda destinati a incidere sulla strada per ritrovare l'unità. Il primo è l'approdo in aula alla Camera del disegno di legge sul presidenzialismo fortemente voluto da Fratelli d'Italia. Se ne discuterà a partire da martedì 10 maggio e, al di là delle reali possibilità che la riforma costituzionale veda la luce in questa legislatura (in verità pochine), l'occasione sarà in qualche modo «riparatrice». Furono proprio alcune assenze tra i banchi di Lega e Forza Italia, infatti, a impedire che il testo ottenesse il via libera in commissione. Una circostanza mal digerita dalla Meloni che ora, invece, si aspetta massima compattezza dagli alleati. Il secondo appuntamento è la scadenza per la presentazione delle liste per le Amministrative, venerdì 13. Al momento, nonostante la solita litania su lacerazioni e faide, il centrodestra ha già trovato l'accordo in 20 dei 26 capoluoghi al voto. Anche se quelli «mancanti» (Verona, Parma, Catanzaro, Messina, Oristano e Viterbo) non sono di secondo piano. La speranza è di ricucire almeno in alcune di queste realtà. Per farlo, però, sarebbe necessario il più volte annunciato e finora rinviato vertice tra i leader. In Fratelli d'Italia confidavano potesse tenersi giovedì, quando Giorgia Meloni era a Como per presentare il candidato sindaco di coalizione. Poi le agende non si sono incrociate e l'appuntamento - stando a quanto riferisce il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani - non è previsto neanche per questo weekend. Ma è evidente che, se si vorrà in qualche modo sbloccare la questione Amministrative, non si potrà andare oltre lunedì o martedì.

 

 

«Ma non è solo una questione di amministrative spiegano da Fratelli d'Italia - serve anche a recuperare una certa consuetudine che negli ultimi tempi si era persa». Ci sarà la reale volontà di farlo? Per una volta i segnali che arrivano sono più che positivi. La settimana che si sta chiudendo, infatti, ha segnato un certo riavvicinamento tra le parti. L'accordo a Palermo sulla candidatura di La galla ne è stato l'esempio più visibile. Ma i segnali, a volerli individuare, sono anche altri. La partita del catasto, per cominciare, è stata giustamente rivendicata da Lega e Forza Italia, il «centrodestra di governo». Ma è innegabile che i primi mattoni della costruzione sono stati messi in commissione Finanze. Dove, per mettere in «minoranza» Draghi e Franco è stato decisivo il supporto dei parlamentari di Fratelli d'Italia. Non è un caso che la soddisfazione per l'esito del braccio di ferro sia stata espressa anche da Meloni: «Se fosse vero, sarebbe un'ottima notizia. È una battaglia che noi abbiamo condotto». La dimostrazione che, al di là della collocazione in maggioranza o all'opposizione, sulle ragioni fondanti del centrodestra i partiti restano compatti. Ma c'è stato un altro passaggio interessante. Riguarda l'annoso dibattito sulla legge elettorale. Nelle scorse settimane si era raccontato di una Lega pronta ad affiancare Pd e 5 stelle nella lotta per il ritorno al proporzionale. Che avrebbe significato morte delle coalizioni e terreno ideale per ricreare un governo di unità nazionale anche nella prossima legislatura. La notizia è che, semplicemente, la Lega ha smentito questo scenario. «Scusate, ma perché dovremmo fare la Caritas del Pd?» ha sintetizzato ironicamente Roberto Calderoli, che di leggi elettorali qualcosa capisce. Il senso è una mano tesa a Fratelli d'Italia: il Rosatellum resta è con esso le coalizioni, per chi sarà capace di metterle in piedi. Ancora: i leader del centrodestra avranno voglia di farlo? Più che i segnali, qui contano i numeri.

 

 

Secondo la Supermedia dei sondaggi Agi/Youtrend la coalizione negli ultimi sette giorni ha rosicchiato complessivamente altre 3 decimi percentuali, issandosi al 47,3% complessivo. A un passo dalla maggioranza assoluta. Cifre che, se fossero confermate dalle urne, con l'attuale legge elettorale significherebbero completo controllo di entrambe le Camere. Un'occasione impensabile solo qualche anno fa, quando l'Italia sembrava essere diventata tripolare. Non a caso Silvio Berlusconi, che all'unità del centrodestra non ha mai smesso di credere, guarda con una certa fiducia ai prossimi mesi. «Forza Italia è un grande partito nazionale e l'Italia mai come ora ha bisogno di unità civile e morale, al di là delle contrapposizioni politiche. Ne saremo garanti, oggi e quando il centrodestra sarà tornato al governo del Paese» ha scritto ieri in una lettera indirizzata a dirigenti e militanti azzurri. Certo, le difficoltà restano. E sono riassumibili sostanzialmente nella sfida per chi dovrà guidare la coalizione. O, meglio, chi dovrà essere indicato premier nelle consultazioni in caso di vittoria elettorale. Tutti i leader sono particolarmente attivi per giocarsi le proprie carte. Giorgia Meloni ha appena chiuso con successo la convention milanese, Matteo Salvini si appresta a far ripartire da Roma, il prossimo 14 maggio, la campagna d'ascolto della Lega in tutta Italia. Silvio Berlusconi sarà a Napoli sabato 21 per la convention di Forza Italia. Una pioggia di eventi che testimonia sì rivalità, ma anche grande vitalità e voglia di galvanizzare l'elettorato. L'importante è che i leader capiscano una cosa elementare: uniti hanno buone possibilità di vincere, divisi hanno la certezza di perdere. È ora di dimostrare maturità, a partire dai prossimi giorni.

 

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