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Governo, l'incubo di Enrico Letta è rimanere col cerino in mano. La grana Conte, così può fare la fine di Bersani

Christian Campigli
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A volte ritornano. E rendono il sonno più difficile, le parole meno spontanee e le decisioni da prendere più complicate. Sono i ricorsi storici, un classico della politica italiana. Analogie col recente passato che rendono intricate le valutazioni dei segretari di partito. Enrico Letta sta vivendo quella fase.

 

L'appoggio del Pd al “Governo dei Migliori” è sempre stato fedele, incondizionato. Quel “senso di responsabilità” più volte sbandierato ai quattro venti è identico all'atteggiamento avuto, undici anni fa, da Pier Luigi Bersani nei confronti di Mario Monti. Che, è bene ricordarlo, dopo la caduta di Berlusconi, e lo spread ben oltre i cinquecento punti base, era considerato dall'opinione pubblica il salvatore della patria. Quell'esecutivo, in realtà, fu guidato dal verbo dell'austerity, del rispetto pedissequo delle indicazioni della troika di Bruxelles e dall'aumento delle tasse. E non fu particolarmente gradito, per usare un eufemismo, agli Italiani. Che nel segreto dell'urna, punirono i Dem e posero fine ai sogni di gloria dello smacchiatore di giaguari.

 

Enrico Letta, che in quella legislatura fu premier per trecento giorni esatti, non vuol correre lo stesso rischio. Il pisano sa benissimo che il centrodestra difficilmente raccoglierà meno del 45%. Per battere Meloni, Salvini e Berlusconi è indispensabile trovare la quadra col Movimento Cinque Stelle. Che, attraverso le parole di Giuseppe Conte, ogni giorno cerca di distinguersi dalle decisioni di Mario Draghi: dall'appoggio incondizionato all'Ucraina all'invio delle nostre armi, dall'aumento delle bollette allo stop alle forniture di gas russo. Prese di posizione che piacciono molto a quella sinistra pacifista, ecologista e antimilitarista pronta a votare nuovamente i Grillini.

 

Letta è ben conscio che potrà “gestire” un'alleanza col Movimento sono da una posizione di supremazia. In caso contrario, il suo senso di responsabilità verrà travolto dalle lotte intestine tra Conte e Di Maio, perso negli scambi al veleno tra Di Battista e Grillo. Rompere il “campo progressista” spingerebbe Articolo Uno e Sinistra Italiana tra le braccia dei Cinque Stelle. E costringerebbe Letta a bussare alla porta di Renzi e Calenda. Corsi, ricorsi storici e dubbi amletici. A meno di un anno dalle elezioni. Inquietudini che renderanno le notti del segretario dem terribilmente agitate.

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