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Salvini avvisa tutti: io buono, non fesso. Sia finalmente il popolo a votare per il presidente

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«Sono buono, ma non fesso». E chissà con chi ce l’aveva ieri sera Matteo Salvini all’assemblea dei suoi grandi elettori, alla vigilia del quarto scrutinio di oggi. Evidentemente c’è chi cuce e c’è chi scuse. E tutti noi vorremmo non assistere più ad uno spettacolo indecente, messo in scena soprattutto da una sinistra arrogante come da tempo non si vedeva.

Notizie fatte girare ad arte, smentite per ingannare l’avversario con cui ci si deve confrontare e l’alleato con cui si deve marciare uniti. Tutto questo allontana il popolo dalle istituzioni.

 

Invochiamo una politica degna di questo nome. Si sta parlando del presidente della Repubblica italiana, non delle loro liste elettorali, dei famigli da piazzare, dei portaborse da sistemare.

Siano capaci – onorevoli leader e sottoposti parlamentari – di togliere di mezzo i loro veti e queste lungaggini ridicole, indegne della politica al tempo del Covid.

E pure al tempo dei social, perché si gettano da soli nella gogna dei tweet, delle fake news, e alla fin fine persino dei franchi tiratori. Può darsi che restino fregati addirittura da quei deputati e senatori che si sono stancati di ripetere ai loro amici, elettori, parenti «non so che cosa sta accadendo».

 

Che figura, perché esporsi a giudizi maleodoranti da parte del nostro e vostro popolo? Lo giurino, quando pronunceranno ad una voce il nome di quel candidato o di quella candidata che intendono accompagnare al Quirinale, che questa sarà l’ultima volta che ci costringeranno a sopportare fiumi di chiacchiere senza costrutto, ad assistere al loro ingresso in riunioni inconcludenti, ad ammirare le loro dentiere di fronte alle telecamere.

L’auspicio è che stanotte – così come avete pubblicizzato – siano riusciti a trovarlo questo nome. La Repubblica non può rimanere nelle mani dei gruppi misti di Camera e Senato, i partiti hanno il dovere di tornare ad essere guida della politica, soprattutto nei momenti solenni della vita delle istituzioni. Invece sono precipitati persino nella volgarità. E come definire se non come analfabetismo costituzionale e maleducazione borgatara l’intemerata di Enrico Letta contro Elisabetta Casellati? Lui, il segretario del Pd che «preserva» il presidente della Repubblica in carica e il premier ma oltraggia la seconda carica dello Stato gettandola in pasto ad uno schieramento politico perché non è quello suo.

 

Ancora loro, persino Letta, hanno il privilegio di votare ed eleggere il Capo dello Stato, anziché accontentarsi delle liste bloccate, che già offrono un pessimo spettacolo. Vogliamo eleggerlo noi, il prossimo Presidente. Sarebbe bello ascoltare dal nuovo inquilino del Quirinale che stimolerà il Parlamento ad approvare una riforma che affidi al popolo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, e senza mai ostacolarla come invece accaduto in passato. Perché la sinistra l’ha sempre boicottata, alla faccia della democrazia e del popolo sovrano.

Applausi a scena aperta, invece, per uno straesperto parlamentare come Roberto Calderoli, che ha tirato giù una dichiarazione assolutamente condivisibile: «Mi auguro davvero che questa sia l’ultima volta in cui l’Italia debba assistere a questo ridicolo teatrino, a questo circo Barnum, dell’elezione del presidente della Repubblica attraverso la sceneggiata dei 1009 piccoli (non riesco a definire diversamente chi nella scheda indica il nome di attori porno o di altri personaggi fuori luogo, prendendo in giro le istituzioni che sono chiamati a servire) grandi elettori, con le maggioranze qualificate di due terzi per le prime tre votazioni e poi la maggioranza assoluta. Davvero basta con questi teatrini e sceneggiate! Se domenica 23 si fosse convocato il popolo italiano per eleggere il nuovo Capo dello Stato il giorno dopo, lunedì 24, avremmo avuto il nuovo presidente, avremmo evitato i teatrini e soprattutto a sceglierlo sarebbero stati i cittadini italiani e non questi piccoli grandi elettori!». Letto, confermato e sottoscritto.

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