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Manovra, la rivolta (inutile) degli onorevoli: i deputati non possono modificare nulla

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Francesco Storace
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Nel loro piccolo anche le formiche si incazzano. Stanno a Montecitorio e non vogliono rubare lo stipendio. La manovra di bilancio li espone: una montagna di miliardi passa sotto gli occhi di 630 deputati e nessuno di loro può modificarla. Una virgola, la punteggiatura, figurarsi commi e cifre del bilancio. E così arriva la rivolta sottovoce, senza spargimento di sangue. Indirizzata a Mario Draghi, che ha imposto al Parlamento - dal quale vorrebbe farsi eleggere Presidente della Repubblica - tempi da catena di montaggio per far passare i numeri dei conti dello Stato. Però guai a dire di avercela con lui. Come sempre, il problema è un altro.

Prendete Luigi Marattin, (nella foto) di Italia Viva, nel curriculum politico ha la presidenza della commissione finanze della Camera e in quello personale una discreta quantità di gentilezza. Riunisce la commissione e rifiuta di discutere in un'oretta o poco più sul parere da rendere riguardo alla manovra. Sul bilancio non ci sono precedenti, facciamo notare al presidente della commissione: «Ma non ce l'abbiamo con Draghi, è un problema di sistema, vale per chiunque governi con queste regole», aggiunge Marattin, e fa i nomi dei predecessori del premier. Sarà così, ma è la prima volta che rifiutate di esprimervi con tanto di dichiarazione politica a nome della maggioranza...

«La Commissione Finanze della Camera, col sostegno di tutti i gruppi di maggioranza, ha deliberato di non esprimere il proprio parere di competenza alla Commissione Bilancio sul Disegno di Legge di Bilancio 2022. Il rispetto delle istituzioni, e il rispetto verso il lavoro di sei mesi che questa stessa commissione ha svolto nel 2021 per preparare il terreno alla riforma fiscale, ci impone di rispondere semplicemente "no, grazie" quando ci si chiede di esprimerci in poche ore su un provvedimento del genere».

Se non è una ribellione poco ci manca. Anche perché poco prima quel birbante di Marattin aveva scritto: «Un Parlamento che spera di poter eleggere subito il Capo dello Stato, da quasi 2 anni non riesce a eleggere i 3 membri (indipendenti) dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio. Servirà più maturità da parte delle forze politiche». Draghi avvisato, mezzo salvato. Altre voci si elevano dal Parlamento, la presidente della commissione Lavoro, Romina Mura - Pd - scrive a Roberto Fico, così non si può lavorare. Elio Vito, Forza Italia, annuncia di non partecipare ai lavori della commissione difesa e resta a presidiare twitter.

Eppure, erano arrivati tutti a Roma con tanta buona volontà. Ma oggi e domani, forse giovedì, finisce tutto con la fiducia posta dal governo, gli ordini del giorno e nemmeno un emendamento approvato sennò tocca richiamare i senatori in servizio. E addio Capodanno. È la riforma Renzi senza il sì del popolo referendario. Siamo al monocameralismo persino sulla legge più importante, quella sulla moneta sonante di Stato. E chi controlla più? Il governo che dice? In commissione finanze a guardare i movimenti dei deputati c'era il sottosegretario leghista Federico Freni, succeduto a Claudio Durigon, che prendeva nota di quello che succedeva.

Ma non ce l'hanno con il premier, ripete Marattin, che per non farsi rimproverare manovre, posta ancora sui social il suo pensiero «per il bene delle istituzioni». E grazie a lui è stato bellissimo soffermarsi sulla rete e osservare il sacrificio di tanti suoi colleghi che raccontavano ai loro follower di «dover andare a Roma» per approvare la manovra senza neppure sfiorarla con un dito, poverini. Selfie come se piovesse da treni, aerei, auto sfidando persino Omicron.

Scivolando a Montecitorio, terreno augurale per le festività, ma senza traccia di quel sangue nobile e virtuale che tanto tempo fa tinteggiava le leggi finanziarie dello Stato. Una rivolta senza ribellione. Impossibile non commuoversi di fronte ad un altro esponente importante del Pd, come Stefano Ceccanti, anche lui ha battuto i pugni sulla tastiera e ha scritto con tono grave: «Sono intervenuto in commissione Affari Costituzionali e gliele ho cantate: massima lealtà nel voto alla maggioranza e al governo, ma che in questa legislatura il monocameralismo di fatto si sia esteso anche alla legge di bilancio è una grave anomalia a cui porre rimedio». E chi lo deve fare, per favore?

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