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Clemente Mastella e l'inutile ricerca del "centro": il progetto flop già visto

Riccardo Mazzoni
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Ci risiamo: è ripartita la grande corsa al centro, con lo stesso entusiasmo dei cercatori d'oro, anche se da tempo immemorabile quella terra di nessuno è più un luogo meramente geografico che politico.

L'idea di unire forze e partiti che, rimpiangendo l'età dell'oro democristiana, vogliono affrancarsi dal nuovo bipolarismo, non è certo originale: ogni volta che il mondo politico va in fibrillazione riemerge puntualmente il fantasma del cosiddetto «grande centro» che dovrebbe fiorire dalle fragili radici di qualche «centrino» allargato a supporti provenienti sia dal centrosinistra che dal centrodestra, con la benedizione di qualche figura di prestigio esterna alla politica.

Dal centro-sinistra col trattino coniato dalla fervida immaginazione di Cossiga e Mastella, che favorì l'avvento di D'Alema a Palazzo Chigi, la seconda Repubblica ha conosciuto diversi esperimenti neo centristi, quasi tutti frutto di operazioni di Palazzo e finiti precocemente in archivio. L'esempio più illuminante resta quello del professor Monti, la cui resistibile ascesa ai vertici della politica diede vita a Scelta civica, che si dissolse in Parlamento dopo una non brillante prova elettorale nonostante il traino del premier uscente.

Ora qualcuno ci sta riprovando, nonostante i pregressi e acclarati fallimenti, anche se le strategie dei tanti promessi sposi sembrano già divergere: c'è infatti chi ipotizza di dare forma a una sorta di «partito di Draghi» senza il coinvolgimento diretto del premier (anzi, a sua insaputa) allo scopo di lucrarne in prospettiva il consenso, mentre i transfughi dal centrodestra spiegano che questo nuovo blocco dovrà opporsi al populismo grillino e alla sinistra estrema e dialogare col centrodestra per bilanciarlo. L'unico obiettivo davvero unificante è favorire un assembramento di truppe sparse per condizionare l'elezione del capo dello Stato e avere voce in capitolo sul proseguimento della legislatura.

La pattuglia conta già, potenzialmente, su una settantina di parlamentari tra Italia Viva, Coraggio Italia, Azione e +Europa, anche se i rapporti tra Renzi e Calenda sono ai minimi termini, ma nelle votazioni per il Quirinale potrebbe pescare anche nel foltissimo Gruppo Misto e nel mondo grillino in perenne fibrillazione. Non sono certo casuali i tempi scelti da Mastella per presentare «Noi di centro», la formazione che dovrebbe diventare una Margherita 2.0: portare il suo inestimabile bagaglio di esperienza proprio a partire dalla partita cruciale del Colle. Ma in prospettiva il disegno è quello di proporre un'offerta politica in grado di scompaginare gli attuali schieramenti, considerati incapaci di governare in quanto entrambi condizionati uno dai sovranismi di destra e l'altro dal populismo grillino.

Lo schema è sempre lo stesso: la creazione di un centro in grado di condizionare qualsiasi futura combinazione parlamentare grazie alla collaudata politica dei due forni, e il presupposto di questa operazione passerebbe ovviamente da un ritorno al sistema proporzionale. Avranno successo questi personaggi in cerca d'autore? Finora la ricerca affannosa del «centro» si è rivelata solo un'aspirazione senza agganci concreti alla realtà: il bipolarismo italiano, più o meno funzionante, è stato infatti messo in crisi - oltre che dai suoi indubitabili difetti - solo da un movimento populista di massa come i Cinque Stelle, che non aveva nulla a che vedere col centrismo.

Peraltro, il numero degli aspiranti leader di questa nuova aggregazione politica moderata è inversamente proporzionale ai consensi, e quindi probabilmente ha ragione Rotondi, uno che la bandiera democristiana non l'ha mai ammainata: «Il centro oggi è una collezione di aspirazioni, ognuno lo individua nel luogo dove comanda lui».

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