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"Per il Quirinale ci sono io". Pensionato romano scrive a Fico e Casellati: rappresento gli esclusi

Antonio Siberia

Giovanni Biancini, 79 anni, romano, oggi pensionato ma in passato ex bancario, ex promotore finanziario, per una trentina di anni - come racconta lui stesso - attivo nel soccorso alpino e speleologico, amante delle montagne, Appennini e Alpi, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, per proporre - in base all’articolo 84 della Costituzione - la propria candidatura al Quirinale. Dalle montagne al Colle.

Una scalata in discesa. Insomma, sì, Biancini si è candidato con una missiva a Presidente della Repubblica nella speranza - ha sottolineato - di «sistemare una situazione italiana» dove «i cittadini che soffrono sono esclusi». Il Tempo lo ha intervistato. 

  

 

Ma cosa si è messo in testa, signor Biancini, addirittura una candidatura al Colle. Perché? 
«La situazione italiana fa acqua da tutte le parti. La Costituzione italiana è sempre più strattonata, pensi soltanto all’uso continuo dei decreti legge. E nessuno è riuscito a far crollare il sistema della greppia. Per questo mi sono preso il lusso di avanzare la mia candidatura. Per cambiare le cose». 

Vuole dire qualcosa ai presidenti Fico e Casellati a cui ha inviato la sua lettera?
«Non so se mi risponderanno, un cittadino normale ormai non viene neppure preso in considerazione. Ma ci provo. Cara Casellati e caro Fico vi ho inviato una lettera e attendo, nel merito, una vostra risposta. Credo sia la prima volta che un cittadino comune avanza una proposta come la mia. Rispondetemi». 

 

Il suo programma da Presidente? 
«Per prima cosa bisogna far vivere la Costituzione alla lettera, dal primo articolo sino all’ultimo. Gli articoli non vanno interpretati o strattonati. Vanno applicati». 

E dopo? 
«Vorrei cercare di salvare questa nazione. Ci stiamo vendendo tutti i gioielli di famiglia, portandoli in mano alle multinazionali. Molti lavoratori vengono licenziati, andando avanti di questo passo potrebbero venir fuori proteste sociali legate alle difficoltà economiche anche se - a pensarci bene - in Italia è un po’ difficile perché noi siamo soprattutto una manica di pecoroni». 

Non le sembra di essere troppo critico?
«Al popolo quando gli dai il pallone e un po’ di ferie si distrae». 

 

Altre cose che metterebbe in atto una volta eletto Presidente?
«Nel caso venissi eletto taglierei le spese del Quirinale ed anche quelle di tutti gli altri politici che stanno in Parlamento. Bisogna che i politici rappresentino i cittadini e che non spendano troppo. Oggi il costo è troppo elevato ed i soldi vengono sempre chiesti ai poveri, che ne hanno pochi (di soldi) ma sono tanti, ma tanti». 

Il politico che l’ha più delusa? 
«Mi hanno deluso tutti o quasi. Una volta c’erano i politici, oggi non ci sono più. Mi viene in mente la frase di Antonio Razzi, nell’imitazione che ne faceva il comico Maurizio Crozza, "amico caro, fatti li cazzi tua"».

Ma lei è un pessimista cosmico. Non crede di esagerare?
«C’è un sonetto del poeta Giuseppe Gioacchino Belli, "Er Papa Michelaccio", che recita: "Ho fatto tanto pe arrivà ar Papato / che mmò a la fine che ce sò arrivato / io me la vojjo gode in zanta pasce (...) ar Governo sce penzi chi è ccapasce / perch’io nun ce n’ho spicci e ssò Pilato». 

 

Ma non è che una volta eletto farebbe come Ponzio Pilato? 
«Io non farei mai come Pilato. Il mio sarebbe un impegno per gli italiani e non per la gloria». 

Biancini, ma in famiglia cosa le dicono di questa candidatura presidenziale? 
«Mia moglie è d’accordo. E si ricordi, è la prima volta nella storia repubblicana che uno come me si candida al Quirinale».