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Mario Draghi, tocca lavorare: "Deve restare a palazzo Chigi fino al 2023"

Franco Bechis
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Ufficialmente è stata chiamata “Omicron”, ma per Mario Draghi e soprattutto per le sue possibili ambizioni di salire al Colle, la nuova variante del virus rischia di essere “Omega”, l'ultima lettera dell'alfabeto che chiude prima ancora dell'inizio le sue chances di succedere a Sergio Mattarella al Quirinale. Uno stop forse precipitoso perché della variante si conosce al momento assai poco, anche se agita tutti i paesi del mondo, e non è manco detto che possa essere così rovinosa. Ma ha messo le ali alla politica italiana, portando allo scoperto quello che finora veniva detto a mezza bocca.

Uno dopo l'altro ieri leader di importanti forze politiche di maggioranza, da Enrico Letta a Luigi Di Maio a Silvio Berlusconi, hanno sottolineato esplicitamente la necessità che Draghi resti alla guida del governo e quindi a palazzo Chigi fino alla fine naturale della legislatura. Ovviamente ognuno di loro ha un suo interesse recondito nel dirlo, da chi vorrebbe allontanare il più possibile lo spettro delle urne a chi è ben contento di occupare in altro un avversario nella gara quirinalizia.

Ma sotto sotto è largamente diffusa in Parlamento l'idea che le due cose più importanti per cui super Mario è stato chiamato alla guida del governo siano tutt'altro che archiviate. La realizzazione del Pnrr che è fondamentale per ricevere la seconda rata dei preziosi fondi europei è tutt'altro che in fase avanzata, e molti capitoli sono ancora da scrivere e realizzare. Il piano vaccinazioni che indubbiamente la gestione del nuovo governo ha velocizzato ha superato al massimo la prima curva, perché quando si inizierà ad aprire le urne parlamentari per la successione di Mattarella saremo al massimo con la terza dose in corso di somministrazione, in piena guerra (perché il tema è assai meno condiviso) sulla vaccinazione dei bambini fra 5 e 11 anni e forse con orizzonti e strategie tutti da modificare se davvero la variante sudafricana avrà iniziato la sua corsa nei paesi europei e la barriera delle vaccinazioni compiute fin qui dovesse rivelarsi fragile.

Il mandato del governo un anno dopo resterebbe dunque lo stesso, e indubbiamente staccare la spina e rischiare di infilarsi in una campagna elettorale è l'esatto contrario di quel che vorrebbe la maggioranza assoluta degli attuali componenti del Parlamento. In questa condizione, soprattutto nel caso di problemi con la variante sudafricana, mentre a Draghi toccherebbe lavorare abbandonando altre aspirazioni, è assai probabile che riprenda massiccio il pressing sull'attuale inquilino del Quirinale perché accetti di restare al suo posto: diverrebbe una supplica, in mancanza di alternative immediate.

E' una strada che ritengo in salita, perché Mattarella è stato fin qui di una chiarezza che non lascia alternative, non solo negando la possibilità, ma facendo intendere nei suoi interventi come la sua rielezione sia in sé contraria allo spirito stesso della Costituzione (pur essendoci il precedente di Giorgio Napolitano). Il presidente in carica per giunta è siciliano, e per carattere poco incline a cambiare una decisione chiaramente presa.

Se la spinta a lasciare Draghi alla guida del governo è così ampia e Mattarella è pronto a trasferirsi nella nuova abitazione privata già opzionata a Roma, tutti i giochi per la presidenza della Repubblica sono dunque aperti. E al momento non si vedono all'orizzonte personalità in grado di superare gli schieramenti ottenendo fin dall'inizio sulla carta ampie maggioranze. Restano quindi i candidati di centrodestra e di centrosinistra che devono poi cercarsi in voti che mancano fra i presunti avversari nel segreto dell'urna. E non c'è dubbio che in questo caso Silvio Berlusconi abbia più chance di farcela di chiunque altro.

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