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Ballottaggio, Enrico Michetti unica scelta per chi sogna di cambiare Roma dopo i disastri

Pietro De Leo
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«Andate a votare per il cambiamento». È questo il messaggio corale che il centrodestra ha lanciato da Piazza Campo de’ Fiori venerdì sera, dove tutti i leader si sono ritrovati per sostenere la chiusura della campagna elettorale di Enrico Michetti. Un candidato civico estraneo dalle dinamiche di partito e, soprattutto, da un certo slancio muscolare che la campagna elettorale riserva sempre, ancor più agli outsider, ancor più se di centrodestra. La corsa di Michetti, avvocato amministrativista, consulente di enti locali, commentatore radiofonico, è partita dalla seconda metà di luglio. La designazione del suo nome è avvenuta su impulso soprattutto della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, su cui poi anche Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Antonio Tajani e il blocco centrista hanno trovato la sintesi. Da lì, la partenza.

 

 

Il messaggio di Enrico Michetti ha avuto tre tronconi tematici. Il tema degrado, innanzitutto, nei suoi due aspetti principali. Affrontare il ciclo rifiuti, con la realizzazione degli impianti per trattare e smaltire l’immondizia e, nel contempo, l’individuazione di aree di conferimento. Poi la bonifica delle zone franche, dei bivacchi e delle sacche di abbandono dove si annida la microcriminalità. «Tolleranza zero» è stata la parola chiave rivendicata da Michetti. Il secondo troncone, poi, è il miglioramento della Pubblica Amministrazione, con lo snellimento dei regolamenti comunali e la valorizzazione dei dipendenti pubblici. Il terzo, invece, le periferie. Su cui ha promesso un assessore con delega specifica. Che si andrebbe ad aggiungere a quelle figure già individuate. In caso di vittoria, infatti, Simonetta Matone (eletta in consiglio con la Lega) andrà a svolgere il ruolo di prosindaco e si occuperà anche di Servizi Sociali; Vittorio Sgarbi sarà assessore alla cultura. E poi c’è il jolly, calato la scorsa settimana, l’ex Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso che sarà indicato al governo come commissario per i rifiuti e il Giubileo del 2025. È stata una campagna elettorale lunga, anomala, e con il tempo e il contesto che non hanno giocato a favore del candidato del centrodestra. C’è stata la pausa estiva in mezzo, con una anestesia del confronto elettorale. E poi ci sono le regole anticovid che hanno influito sull’organizzazione degli eventi. Zavorre per un candidato che doveva affrontare anche l’esordio nello scenario mediatico. Da qui la scelta di una campagna molto capillare, girando per i quartieri, i mercati, incontrando associazioni e imprese.

 

 

E mettere in secondo piano il calendario dei confronti con gli avversari. Circostanza, questa, che ha suscitato numerose polemiche durante la prima parte della corsa. E questa è stata la costante di tutta la campagna elettorale: attacchi personali, contumelie, tentativi di delegittimazioni. Un racconto cresciuto di ritmo nella prima settimana successiva al ballottaggio, conquistato da Michetti e dal centrodestra piazzandosi in prima posizione, a oltre tre punti da Roberto Gualtieri, candidato del centrosinistra. E staccando Carlo Calenda, centrista alla guida di una lista civica, e il sindaco uscente Virginia Raggi. Complice la degenerazione della manifestazione no-green pass di sabato scorso, con l’assalto alla sede della Cgil da parte di militanti di Forza Nuova, il centrosinistra, sia nella sua dimensione politica che giornalistico-culturale, ha mosso il suo mantra del pericolo fascista. Imputando una sorta di contaminazione con l’estremismo, però, sia a Giorgia Meloni che ad Enrico Michetti. Un crescendo di attacchi, cui si aggancia la brutta vicenda di venerdì mattina, quando il comitato elettorale del candidato sindaco è stato imbrattato con stelle a cinque punte, simbolo delle Br. Un’intimidazione all’apice di una campagna elettorale in cui i temi veri per Roma sono stati spesso, troppo spesso sullo sfondo.

 

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