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Via il green pass a chi si tampona, Rasi lancia l'allarme contagi

Giorgia Peretti
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“Via il green pass a chi si tampona”, questa la proposta di Guido Rasi a “Otto e mezzo”, lunedì 20 settembre. Il professore ordinario di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata, ex direttore dell’Ema, interviene nel talk show preserale di La 7, condotto da Lilli Gruber, sull’estensione del green pass e l’inizio del terzo richiamo al vaccino anti-covid. “Chi ha il green pass ha fatto un tampone, è vaccinato, o avuto il Covid e quindi si attiva uno stato di immunità o di esenzione immediata da dall' infettare il prossimo”, ma “esistono casi di tampone negativo la mattina e positivo la sera. Attenzione perché con un tampone se uno incontra una persona infetta due ore dopo c’è il rischio che si contagi”, esordisce il consulente per l’emergenza del generale Figliuolo.

“Quindi lei toglierebbe il tampone dal green pass?”, chiede la conduttrice. “Personalmente sì toglierei il tampone dal green pass e lo lascerei solo per chi è vaccinato e chi ha superato la malattia”, fa sapere Rasi. A chi critica la misura dell’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro, il microbiologo risponde: “Ogni paese trova i propri deterrenti, sono contento che l’Italia sia sempre stata davanti agli altri in questo ma purtroppo c'è stata con un fatto negativo: siamo quelli che ancora abbiamo il più alto numero di morti per milione di abitante. Siamo i peggiori in Europa qui dobbiamo prendere misure adeguate alla nostra situazione non possiamo permetterci che gli ospedali diventino fisarmoniche a causa dei reparti Covid”. Sul calo dell’immunità con il corso dei mesi: “La copertura cala soprattutto in alcune popolazioni. Il fatto che cali non significa che sia insufficiente ora noi abbiamo evidenza che negli immunodepressi e in alcune categorie degli ultra-anziani sia veramente insufficiente. Correttamente l'Italia ha iniziato a vaccinare queste categorie aspetto i dati, siccome gli studi sono in corso non c’è nulla di assoluto”.

 

 

 

 

 

Poi sulla somministrazione di una terza dose generalizzata, Rasi non esclude l’idea: “Vedremo se ci fermeremo ai 65 anni o se progressivamente lo estenderemo a tutti sicuramente la terza dose riporta al 95% la protezione, quindi, funziona non è pericolosa questo già lo sappiamo”. “Non sarebbe meglio fare prima un un'analisi per sapere quanti anticorpi si hanno?”, domanda la Gruber. “Non esiste al momento un test per capirlo. Forse ci arriveremo, si va sul dato epidemiologico che giustifica ampiamente pensare alla terza dose, va bene programmarla e non essere impreparati però prima di andare sotto i 65 anni aspettiamo un attimo”.

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