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La sinistra è spaccata pure sui referendum per eutanasia e cannabis. Lo sgambetto del Pd

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I referendum sulla depenalizzazione della cannabis e sull’eutanasia legale sono l’ultimo terreno dello scontro in seno alla sinistra italiana, che riesce a litigare internamente su ogni questione. A disintegrare le due battaglie è Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Partito Democratico, che assesta un colpo da ko dopo il boom dovuto alle firme digitali dei quesiti referendari: aumentare le sottoscrizioni minime e rivedere il quorum, esiti non conciliabili con la Costituzione.

 

 

In un’intervista a Repubblica l’onorevole Dem spiega le sue critiche: “Sull’eutanasia non ho firmato il referedum per un motivo ben preciso. Gli esiti concreti sono difficilmente conciliabili con la Costituzione. C'è il rischio di aprire a forme di abuso. Un conto è restare nei paletti della sentenza emanata dalla Corte costituzionale, un conto è pensare di depenalizzare l'omicidio del consenziente. Così si passa da un estremo all'altro. Per questo ho deciso di non firmare il referendum”. E poi sbarra così la strada sul quorum: “La popolazione è aumentata di molto rispetto al periodo in cui è stata fissata la quota del mezzo milione. Per questo sarebbe necessario alzare la soglia minima da 500 a 800 mila. Contemporaneamente, però, bisogna rivedere il quorum, renderlo mobile. L'ideale sarebbe fissarlo al 50 per cento più 1 di coloro che hanno votato alle ultime elezioni politiche, in modo tale che tenga conto anche dell’astensionismo”.

 

 

E lo sgambetto del Pd non finisce con le parole volte a mettere i bastoni tra le ruoti, ma c’è anche un atto pratico che rischia di inguaiare la lotta dei proponenti dei referendum. Ceccanti ha depositato una proposta di legge per anticipare il controllo della Consulta dopo le prime centomila firme in modo da “evitare la frustrazione di molti sottoscrittori” visto che sono proposte “che poi potrebbero non ottenere il via libera dalla Corte costituzionale”.

 

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