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Virginia Raggi perde pure l'Eurovision: Roma inadeguata, ennesima umiliazione

Carlo Solimene
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Niente Eurovision 2022 per Roma. La Rai e l’Ebu (l’Unione europea di radiodiffusione che supervisiona l’organizzazione dello show) hanno escluso la Capitale dalla cinquina finale delle candidate a ospitare l’evento che si terrà la prossima primavera. In lizza restano Milano, Bologna, Torino, Pesaro e Rimini, con la scelta definitiva che arriverà a fine mese. Mentre a far compagnia a Roma tra le ultime escluse ci sono Sanremo, Acireale, Alessandria, Genova e Palazzo Acreide. Un vero e proprio schiaffo all’amministrazione guidata da Virginia Raggi che sulla candidatura aveva puntato tanto («Roma è la città perfetta per rilanciare la sfida» aveva detto all’indomani della vittoria dei capitolini Maneskin a Rotterdam) e che incassa l’ennesima delusione sui grandi eventi proprio in campagna elettorale. La sindaca, peraltro, ha deciso di non intervenire sulla decisione di Rai ed Ebu lasciando alla sua assessora al Turismo e ai Grandi Eventi, Veronica Tasciotti, il compito di commentare il flop. «Abbiamo lavorato giorno e notte per ospitare a Roma l’Eurovision Song Contest - ha detto la Tasciotti - tanto che il progetto presentato per candidare la Capitale ha riscosso il plauso della Rai e dell’Ebu. L’unica struttura cittadina rispondente a tutti i criteri tecnici era la Fiera di Roma, la cui altezza del soffitto - per qualche metro, purtroppo - non era conforme allo standard richiesto».

 

 

Una questione di «qualche metro», insomma. Che però riapre il tema di una città sprovvista dalle necessarie infrastrutture (e superata persino da Rimini e Pesaro) anche a causa di una certa idiosincrasia per i grandi eventi manifestatasi sin dagli albori della Giunta Raggi, vedasi il no alla candidatura alle Olimpiadi 2024. Il sogno era maturato, come detto, all’indomani del trionfo dei Maneskin nell’edizione 2021 della rassegna che, in base al regolamento, offriva all’Italia il diritto di ospitare la kermesse nell’anno successivo. Un’opportunità straordinaria se si rapportano costi e benefici. A fronte di una spesa che, nelle ultime edizioni, si è attestata tra i 20 e i 30 milioni di euro, infatti, il potenziale entroito economico è irrinunciabile. Basti pensare che la Rai, solo per gli spot mandati in onda durante il Festival di Sanremo, ha incassato quasi 40 milioni di euro. E che il pubblico televisivo dell’Eurovision è enormemente più vasto. Senza contare ovviamente gli effetti sul turismo (specie dopo la fase segnata dal Covid) e sulla promozione internazionale del «brand» cittadino. Anche per questo Roma si era subito schierata tra le 17 città che avevano risposto al bando, pur con le perplessità dovute alla mancanza di infrastrutture adeguate. La prima ipotizzata, il Palazzetto dell’Eur, non aveva le necessarie caratteristiche, in primis per il soffitto non in grado di supportare carichi pendenti. Per questo il Comune aveva poi pensato alla Nuova Fiera, al Nuovo Centro Congressi e a Cinecittà. Tutte soluzioni bocciate dagli organizzatori.

 

 

Restano l’amaro in bocca per l’ennesima occasione sprecata e le prevedibili critiche delle opposizioni e degli avversari della sindaca nella corsa al Campidoglio. Per Roberto Gualtieri, frontman del Pd, l’aver proposto una struttura senza i requisiti minimi ha rappresentato «un’altra prova di superficialità e inefficienza dell’amministrazione Raggi». Mentre il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Francesco Figliomeni parla di «brutta figura, l’ennesima occasione persa per la nostra città dovuta all’incompetenza, all’inconcludenza e alla mancanza di autorevolezza di questa armata brancaleone sempre molto attiva sui social ma disconnessa dalla realtà in cui versa la nostra città».

 

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