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Riforma della giustizia, per la prima volta i magistrati non dettano la norme alla politica

Francesco Storace
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Come se Luca Palamara non ci fosse mai stato. Quelli che vorrebbero continuare come prima non si rassegnano a perdere potere. Ma con la riforma della giustizia approvata ieri sera dalla Camera – e a settembre dal Senato – finisce la resa della politica alla magistratura. Ognuno al suo posto, chi le leggi le fa e chi le deve applicare senza invasioni di campo. 

 

Qui non ci sono le bimbe di Conte a osannare ogni sospiro del neoleader pentastellato in affanno. Perché non è vero quel che ciancia un ex premier che ha bisogno di dire che resta in piedi la riforma Bonafede. Dica quel che vuole, la reazione della magistratura spiega esattamente il contrario. Stanno sparando a zero e non sarà un caso.

Occorre anche schivare le troppe trappole propagandistiche che deviano dalla verità sulla nuova normativa. Non c’è più l’odioso vessillo del fine processo mai, che proprio l’ex guardasigilli aveva sventolato come bandiera grillina. I processi li devi svolgere rapidamente e non più appendere il destino dell’imputato ai tuoi tempi. Anzitutto va sgombrato ogni ostacolo. La riforma Cartabia favorisce i mafiosi, dicono i più disonesti. E i corrotti saranno impuniti. Dove sta scritto nessuno lo dice, solo bla-bla per qualche comizio e nulla di più.

 

Addirittura si è probabilmente esagerato nel senso opposto, come sostengono altri giuristi, visto che vengono stabiliti per la cosiddetta improcedibilità del processo tempi distinti a seconda dei reati in Appello e in Cassazione. Si fa riferimento alla gravità dei reati e alla complessità delle indagini. Fuori dalla disciplina i reati più gravi a partire da quelli sanzionati con l’ergastolo. Dove stia il regime di favore non si sa. Lo dice solo chi fa canizza.

Probabilmente questo accade proprio perché è la prima volta che la magistratura non detta la riforma della giustizia al Parlamento. Anzi, si è scatenato un impressionante fuoco di fila contrario come non accadeva da decenni. Come segnale di discontinuità quello manifestato da Draghi e dalla Cartabia è assolutamente fortissimo.

 

E non si blocca proprio nulla nel corso della giustizia, gli uffici avranno tempo per organizzarsi e ci saranno ben ventimila assunzioni di assistenti e addetti amministrativi. Come si accelereranno i processi? Il deposito degli atti e le notifiche potranno arrivare per via telematica. Poi, contenimento dei tempi delle indagini, e si potrà chiedere il rinvio a giudizio solo se gli elementi acquisiti consentano una «ragionevole previsione di condanna», altrimenti scatterà il non luogo a procedere. 

 

Tutto risolto? No, perché ci sarà ancora una strada da percorrere. Basti pensare ai referendum promossi da Matteo Salvini e dal partito radicale, a partire da quello che fa più discutere, sulla custodia cautelare in caso di rischio di reiterazione del reato. Se ne parla davvero senza conoscere quanto diritto è violato. Mille innocenti arrestati ogni anno: lo dicono i processi. Citofonare Antonio Caridi, per saperne di più. Proprio in questi giorni, dopo ben 18 mesi di carcere in custodia cautelare, l’ex senatore Caridi di Fi è stato assolto dall’accusa di mafia. Il Senato lo sbattè in galera nelle 24 ore successive alla richiesta di arresto da parte della magistratura.

«I magistrati che lo vollero in carcere saranno in vacanza tranquilli e rilassati», ha commentato Guido Crosetto su Twitter. A lui, a Caridi, hanno distrutto la vita e nessuno gli chiederà scusa.

C’è anche il referendum sulla responsabilità civile dei giudici. In aula ieri è stato bocciato un ordine del giorno sul tema proposto da Fdi. A maggior ragione è bene che se ne occupi il popolo, con il voto di decine di milioni di italiani.

 

Perché sulla giustizia si sono spese troppe parole ed ora è il tempo dei fatti. Con la riforma – certo, poteva anche essere migliore – non arriveranno solo copiosi finanziamenti dall’Europa e comunque deve essere conclusa anche la riforma di quella civile. Ma soprattutto si riuscirà magari a entrare nei tribunali con maggiore fiducia nell’istituzione. Ci sarà qualcuno che ascolterà prima di decidere della nostra vita.
 

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