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Matteo Salvini: "Possiamo farcela già al primo turno"

Pietro De Leo
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Le amministrative, la tenuta del governo e le dinamiche nel centrodestra. Nel pomeriggio che ha sancito la chiusura dell’accordo per le elezioni su Roma Capitale, Il Tempo ha tracciato il quadro della situazione con il leader della Lega Matteo Salvini. 

Segretario, dopo una lunga gestazione è stato chiuso l’accordo per la corsa al Campidoglio. Enrico Michetti candidato sindaco e Simonetta Matone prosindaco. L’impressione del ticket è che una sintesi compiuta, però, non sia stata trovata. È una formula di compromesso?

«No, è una formula che ci soddisfa ampiamente e aggiungo che Vittorio Sgarbi sarà un eccellente assessore alla Cultura. Non avremo un ticket ma un tridente. È una sintesi delle migliori risorse per risollevare Roma. Vince la squadra e penso ce la faremo addirittura al primo turno: non vediamo l’ora di presentare il nostro programma. Roma merita più decoro e sicurezza, il completamento della metro C, la soluzione definitiva del problema rifiuti, vogliamo farla diventare città dello sport. E poi c’è il pallino della Lega: la chiusura dell’anello ferroviario. Se ne parla da decenni, sarebbe motivo di orgoglio riuscire a realizzarlo. Il Giubileo è alle porte, non possiamo essere impreparati».

Nel 2016, la Lega era appena «sbarcata a Roma», all’inizio del suo progetto nel dare al movimento una dimensione nazionale. Quella del prossimo autunno sarà quindi la prima, vera prova sul campo della Capitale. Si è dato un obiettivo di consensi?

«La Lega ha l’orgoglio di essere il primo partito italiano, ma la priorità non è fare un buon risultato come lista se poi la squadra viene sconfitta. Prima di tutto serve restituire lustro alla Capitale dopo anni di malgoverno. È una emozione correre con il nostro simbolo per la prima volta, mi aspetto grandi risultati e non mi pongo limiti. Ieri ho sentito più volte Simonetta Matone, domani (oggi per chi legge, ndr) vedrò Michetti. Lavoro per un centrodestra unito e vincente a Roma, in Italia e in Europa».

Nella Capitale come a Milano l’individuazione dei candidati sindaci del centrodestra non si sta rivelando facilissima. Cosa manca alla coalizione? C’è un problema di metodo o di confronto?

«A dire la verità, la crisi e i problemi sono tutti nel campo dei nostri avversari. Pd e 5stelle andranno divisi quasi ovunque, a Roma hanno addirittura tre candidati. Il centrodestra sarà compatto in tutte le città e stiamo prendendo decisioni molto ragionate e di cui siamo convinti. Sabato 19 giugno porteremo a Roma migliaia di persone per festeggiare l’allentamento delle restrizioni e presentare i referendum sulla giustizia. Sarà un’altra prova di forza e di compattezza».

 

 

 

A proposito della geografia della coalizione. Capitolo federazione Lega-Forza Italia. Qual è lo stato dell’arte?

«Lavoriamo con convinzione per aggregare e rendere più efficace il centrodestra di governo, soprattutto ora che 5stelle e Pd sono in crisi e il governo Draghi ha bisogno di un sostegno chiaro e vigoroso. Noi ci siamo. Con lealtà e idee chiare».

Tra gli azzurri, però, esistono delle perplessità. C’è chi teme si tratti di un’annessione alla Lega. Cosa replica?

«Nessuna annessione, ne ho parlato più volte con Berlusconi e non solo. Pari dignità. È una federazione, e mi auguro di coinvolgere tutte le forze di centrodestra al governo. Non solo Lega e Forza Italia».

Altro tema, l’elezione al Copasir. La Lega non ha votato Urso di Fratelli d’Italia e lei ha affermato: «L’organismo può andare avanti senza il nostro contributo». Si tratta di un «Aventino»?

«Noi abbiamo detto, fin dal primo momento, che la legge va applicata per intero. La presidenza va all’opposizione? Bene. Ma va rivista la composizione di tutto il comitato, alla luce della nuova e anomala geografia parlamentare. Proprio per questo Volpi e Arrigoni si sono dimessi e avevamo proposto agli altri partiti di fare lo stesso. Noi abbiamo mollato le poltrone, gli altri hanno fatto una scelta diversa».

E questo non complica le dinamiche del confronto con Fratelli d’Italia?

«Assolutamente no, il problema non è con Fratelli d’Italia. I miei avversari sono a sinistra, e a Roma intendo sfidarli sui temi. Sto già programmando un tour delle periferie. Almeno una a settimana».

Capitolo governo. Lei ha incontrato Draghi ribadendo forte sintonia sui temi principali. Sul fronte dei vostri alleati, però, c’è Letta che insiste su temi divisivi. E poi c’è Conte che deve ricostruire una leadership nel M5S e si prevedono distinguo. Questo può mettere in pericolo la tenuta dell’Esecutivo?

«Sì, chi crea polemiche o insiste su temi divisivi come Ius Soli, ddl Zan o patrimoniali non fa del male alla Lega ma piccona Draghi. E se Draghi fallisce è un problema per l’Italia. Lo ritengo un atteggiamento pericoloso e irragionevole».

 

 

 

A proposito. C’è chi accusa lei, invece, di remare contro per via dei referendum radicali sulla giustizia. C’è qualcosa che non vi soddisfa del progetto elaborato dalla Commissione istituita dal ministro Cartabia?

«I referendum non c’entrano con la riforma del ministro Cartabia, sono un modo per aiutare il governo e offrire ai cittadini la possibilità di esprimersi. L’ho spiegato chiaramente a Draghi. Lavoriamo per costruire, con senso di responsabilità, anche per valorizzare la stragrande maggioranza dei magistrati che va liberata dallo strapotere delle correnti».

Occupazione, il tema dei prossimi mesi. Lei ha apprezzato il punto di mediazione di Draghi sul blocco licenziamenti. Tuttavia c’è un grande problema di riqualificazione e formazione dei lavoratori. Che impostazione proporrà la Lega?

«L’esigenza delle imprese non è licenziare, ma assumere. Servono procedure più snelle per facilitare i nuovi contratti, con un taglio di tasse e burocrazia. Semplificare, assumere, tornare a correre. Proprio per questo è fondamentale il centrodestra di governo: aiutare le famiglie e le imprese, in piena sintonia col premier».
 

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