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Amministrative, centrodestra ancora alla fase dei nomi per vedere l'effetto che fa

Francesco Storace
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Si potrebbe sparare a zero perché non hanno ancora scelto i candidati sindaci, a partire da quello di Roma. Perché la riunione di vertice del centrodestra di ieri – capi e sottocapi, leader di grandi partiti e micropartiti – non ha deciso ancora chi sottoporre all’attenzione degli elettori come sindaci delle grandi città. O meglio, su Torino - dove correrà l’imprenditore del vino Damilano - e su Napoli con il magistrato Maresca, l’intesa già c’era. Roma, Milano, Bologna, sono ancora da decidere. Il che guasta un po’ l’umore.

 

Ma c’è pure il bicchiere mezzo pieno, anche se la sensazione è del surplace per vedere l’effetto che fa sull’opinione pubblica la giostra dei nomi, a partire - per la Capitale - da quello dell’avvocato Enrico Michetti, non certo conosciutissimo ai più. Ma si è parlato anche di Maurizio Gasparri e poi sul tavolo si sono tirati altri nomi, dal prefetto Serra alla magistrata Simonetta Matone. Così come per Milano c’è stata la sventagliata di candidati.

 

Una cosa pare acclarata, almeno per il momento, anche se chi conosce quel mestiere sa che non bisogna mai dire mai. Il portone sembra sbarrato ai candidati di estrazione politica, i partiti sembrano andare in direzione di candidature civiche. Ma si prenderanno ancora giorni preziosi e probabilmente giovedì potrebbe esserci un nuovo round. E chissà che non ci siano capriole determinate da ulteriori rilevazioni statistiche.

 

Il nodo principale resterà proprio Roma, per via della candidatura fortemente sostenuta da Fratelli d’Italia, di Enrico Michetti. Ai dubbi sulla popolarità del candidato, Fdi ha opposto sondaggi lusinghieri, ai quali ha risposto Forza Italia sventolando quelli più favorevoli a Maurizio Gasparri. Al punto che Ignazio La Russa e Antonio Tajani hanno cominciato a dirsene di tutti i colori, raccontano alcuni dei numerosi presenti al vertice. Ma sono le solite bizze che si fanno in ogni vertice, nulla di preoccupante. Entrambi ne hanno vissute altre.

 

Poi, a riunione conclusa, tutti si sono preoccupati di evitare le classiche reazioni avverse... Anche perché nel frattempo circolavano battute gustose che si sarebbero scambiati i principali protagonisti. Di fronte alle perplessità sul «suo» candidato, la stessa Giorgia Meloni avrebbe detto «insomma, non è che sia proprio nostro...». Va a capire se è vero.

Aldilà delle espressioni usate, va detto - e lo testimoniano i soggetti chiamati a rappresentare le diverse anime della coalizione di centrodestra - che il vertice è servito a far tornare visibile l’unità dello schieramento. Mentre Pd e Cinque stelle non riescono a competere assieme nelle città, il centrodestra andrà ovunque senza candidature di disturbo. Il che è anche un grande vantaggio. A quanto se ne sa anche lo stesso Vittorio Sgarbi - non a caso invitato alla riunione - non è indisponibile a concorrere all’unità dello schieramento.

Altra notizia è che l’argomento Copasir non è entrato nell’agenda della riunione. È stato proprio Salvini a precisarlo all’inizio, affermando di aver convocato l’incontro per parlare esclusivamente di amministrative. Anche perché la Lega sostiene che sono i presidenti delle Camere a dover attendere le dimissioni di tutti i dieci componenti dell’organo parlamentare per ricostituirlo con una presidenza affidata all’opposizione.

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