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Basta chiusure, riaprite l'Italia altrimenti esplode

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Gianluigi Paragone
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Se in un anno di emergenza Covid siamo poco più distanti dal punto di partenza è perché oltre alla incapacità evidente di chi ci ha governato si aggiunge la tara di una comunicazione viziata. Una comunicazione per cui è vietato porre dubbi: è stato così con le mascherine (e oggi diverse procure indagano su strani giri di denaro); è stato così sull’assenza di un piano pandemico aggiornato; è stato così quando si ponevano domande sulla bolla creata dallo stato di emergenza e sulla conseguente amministrativizzazione della questione. Anche sulle varie declinazioni della questione vaccini non sono mai state concesse risposte a domande che ora appartengono ai più, a cominciare dal ruolo fallimentare dell’Europa.

 

 

Il tema delle riaperture è centrale ma se uno lo solleva come urgenza passa per irresponsabile, insensibile verso i morti o il personale medico-sanitario, o addirittura negazionista. «Dobbiamo vaccinare», anzi «Dobbiamo accelerare con le vaccinazioni», è l’unica risposta che sanno dare. Bene, questa risposta andrebbe però incartata e rispedita ai mittenti, i quali sono responsabili della persistenza del problema. Perché infatti abbiamo ritardi con le consegne? Perché chi ha trattato con Big Pharma è stato o debole o complice del potere multinazionale. Perché chi doveva preoccuparsi dell’organizzazione dei centri ha perso tempo dietro le primule e il senso estetico della campagna vaccinale; non si è preoccupato di organizzare il personale e di approvvigionarsi per tempo di siringhe, aghi e altro materiale.

Quindi pensare di non organizzare le riaperture fino a un avanzamento importante della campagna vaccinale è non solo miope ma pure suicida: si stanno ammazzando pezzi di Pil italiano, mentre Cassa Depositi e Prestiti dà sempre più soldi alla Atlantia (anche) dei Benetton per uscire da Autostrade per l’Italia dopo la tragedia del ponte Morandi a Genova.

 

 

A giugno sempre più italiani saranno al verde, ma non è un problema del sinistro Speranza e di chi gli va dietro. Riaprire è indispensabile per non morire di disperazione, quindi se il governo non ha i soldi la smetta con le chiusure. E fermi pure l’esasperazione di una burocrazia incontenibile. Un esempio su tutti: il Durc, cioè quel documento che attesta la regolare posizione delle aziende rispetto ai pagamenti del caso. Nei cantieri edili molte imprese artigianali - in sofferenza e quindi in arretrato con qualche pagamento tra Inps, Inail, casse previdenziali... - rischiano di non poter più lavorare per il mancato rilascio del Durc. Un certificato burocratico non può diventare un altro virus mortale. Pertanto urge allargare i termini delle scadenze sui Durc attivi e sanare quelli in lavorazione, altrimenti avremo un boom di lavoro nero di sopravvivenza.

Altro esempio: i commercianti si stanno ritrovando per l’ennesima volta l’incubo delle rimanenze di magazzino su cui pagheranno fior di tasse. Possibile che non si crei una via d’uscita? O pensano di far lavorare le persone come hanno detto ai ristoratori, cioè tenendo due metri di distanza tra un tavolo e l’altro? Se il governo non provvederà alle riaperture scoppiano tutte le tensioni, soprattutto quelle tra lavoratori garantiti e tutti gli altri.

 

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