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Cambiamo insieme la Costituzione per Roma Regione

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Roberto Morassut*
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La Commissione Affari costituzionali della Camera ha iniziato l’esame delle proposte di legge di riforma costituzionale di Forza Italia e del Pd per l’istituzione di Roma Regione. Personalmente sono da anni convinto che, alla ormai evidente necessità di una riforma dell’ordinamento di Roma Capitale, per sorreggere l’impetuoso mutamento determinato dalla globalizzazione sul tessuto sociale, civile ed economico della metropoli, si debba dare una risposta strutturale, che per forza di cose implica un intervento sulla Costituzione. Penso anche che questo passo si può compiere ancor meglio se la «questione romana» non resta isolata ma se si affronta il tema nazionale della «questione urbana» in Italia e del miglior ordinamento possibile delle tre grandi aree metropolitane italiane, che hanno una vocazione mondiale e che sono, a loro modo, delle capitali che hanno bisogno di un regime speciale e di rango regionale: parlo di Milano e Napoli.

Di questo ho parlato con Beppe Sala e con Luigi De Magistris e mi pare che possa essere un tema fecondo e innovativo anche per affrontare il tema delle autonomie, superando l’esclusiva matrice regionale imposta, negli anni, dalla Lega: noi dobbiamo affrontare una «questione urbana» inedita ed immaginare nuove forme di «governance» per le nostre tre perle mondiali, sapendo che il federalismo italiano ha una radice legata alla identità delle città prima ancora che delle regioni.

 

 

Roma ha bisogno di avere un regime di stampo europeo, il che significa un regime che preveda poteri legislativi, di programmazione, di diretta connessione con la programmazione finanziaria europea, insomma una Regione-Capitale. Tutte le capitali delle principali nazioni europei sono conformate, in forme diverse, a questo principio. Solo così potremo fondare un regime di autonomie comunali interne a Roma, trasformare i municipi in Comuni, accorpandoli e riducendone il numero. Occorre costruire un potere democratico forte in una metropoli che alle antiche complessità di doppia capitale, aggiunge la condizione e le contraddizioni di una metropoli globalizzata, un «deserto sovraffollato», come lo definisce Baumann nel suo scenario della liquidità contemporanea.

Oggi le uniche strutture forti che agiscono nell’arena metropolitana sono la criminalità organizzata e la finanza sovranazionale che hanno gerarchie interne definite, risorse immense. Non possiamo lasciare il campo a questi fattori e dobbiamo avere una visione chiara e una proposta radicale per dare alla democrazia urbana un’armatura altrettanto forte. Non mi convince invece l’idea di creare una Città Metropolitana, senza una riforma costituzionale e con soli poteri deliberativi, composta da 134 Comuni (un mosaico ingestibile e incoordinabile) che cancelli il Comune di Roma dopo 800 anni anziché riformarlo e che continui ad avere sul cappello un filtro di una ulteriore istituzione: la Regione Lazio. I tempi di una riforma costituzionale per rifondare in senso regionale i poteri di Roma Capitale potrebbero non essere lunghi anche perché questa idea sarebbe molto popolare. Penso anzi che le forze della società civile che sostengono l’idea di Roma Regione possano unirsi in un comitato promotore che allarghi la discussione alle forze economiche, dell’associazionismo e prepari la consultazione referendaria prevista dalla Costituzione in caso di approvazione della legge.

*Deputato del Pd
 

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