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Laura Harth: "Alla politica di oggi manca un Pannella"

Giovanni Terzi
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Le voci delle libertà esistono, basta avere la capacità di ascoltare e di leggere oltre ciò che in modo realista vogliono farci credere; è metafisica la libertà e diventa trascendente nelle nostre giornate. Marco Pannella, uomo che della libertà ne ha fatto motivo di vita, così raccontava ciò che amava «Io amo gli obiettori, i fuorilegge dal Matrimonio, i capelloni sottoproletari amfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i non violenti, i libertari, i veri credenti, le femministe e gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione. Amo speranze antiche, come la donna e l’uomo degli ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, e i canti anarchici, e il pensiero della Destra storica. Sono contro ogni bomba, ogni esercito ogni fucile e ogni ragione di rafforzamento, anche solo contingente, dello Stato di qualsiasi tipo; contro ogni sacrificio, morte o assassinio soprattutto se rivoluzionario»; in questa dichiarazione d’amore c’è tutta la potenza umana della libertà «Marco mi ha insegnato a vivere seguendo il cuore nella sua infinita passione per la libertà». Così inizia Laura Harth, coordinatrice del Consiglio Scientifico del Comitato Globale per lo Stato di Diritto «Marco Pannella» e vicepresidente consiglio generale del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, che ha vissuto, insieme a Matteo Angioli, gli ultimi anni della vita del leader radicale al suo fianco. «Il cuore di Marco batteva per la libertà e l’ha fatto fino all’ultimo respiro insegnando a noi che eravamo al suo fianco come fosse decisivo, per vivere profondamente, seguire le nostre emozioni».
E come viveva gli ultimi anni della sua vita Pannella?
«Marco è sempre stato un inguaribile ottimista nonostante vedesse, in alcune dinamiche che si stavano svolgendo, dei seri pericolo per la democrazia e per la libertà. Marco vedeva un arretramento delle libertà sia nel mondo che in Italia».
Perché dice questo?
«Credo che il vero pericolo sia quando le democrazie cercano di riscrivere le regole. In quel momento il rischio che la democrazia e la libertà lasci il campo a nuove oligarchie è altissimo».
Lei parla della politica?
«Non soltanto la politica ma anche la finanza, due linguaggi ormai così distanti dal mondo reale che li rendono quasi invisibili».
Invisibili ma presenti nella vita quotidiana?
«Assolutamente si.
Se ci pensa tutto viene governato altrove in luoghi dove le persone non hanno riscontro».
E questo secondo lei è pericoloso?
«Come ho detto all’inizio dell’intervista l’insegnamento di Marco Pannella è stato quello di essere sempre ottimista ed anche in questo caso devo esserlo. Se guardiamo agli accadimenti di questo ultimo anno ne abbiamo una prova evidente».
In cosa?
«Nell’impegno di tante persone del terzo settore che hanno, con il volontariato, supportato una società che spesso è stata lasciata in balia degli accadimenti».
Una personalità come Pannella quanto manca nel panorama politico internazionale ed italiani?
«Credo manchi un uomo di coscienza come Marco, un uomo che sappia illuminare con la sua visione ed il suo genio una prefigurazione del futuro. Quante volte mi sono chiesta cosa avrebbe fatto oggi Marco e se sarebbe rimasto segregato in casa durante il lockdown...».
E si è data una risposta?
«Sul cosa avrebbe fatto non riesco a rispondere proprio perché Marco aveva un guizzo improvviso che nessuno poteva mai immaginare. Diversamente per quanto riguarda la segregazione lui avrebbe, in qualsiasi modo, cercato di costruire riunioni per dibattere e snocciolare i problemi per poi trovare una sintesi finale».
I dati ISTAT citano che le persone in povertà, oggi , assoluta sono circa 7,4 milioni, ovvero il 9,5 per cento della popolazione, in forte aumento rispetto al 7,7 per cento dell’anno precedente. Ad essere gravemente penalizzati sono i giovani: la povertà tra gli under 18 passa dall’11,4 al 13,6 per cento (il valore più alto dal 2005), circa un milione e 364 mila bambini e ragazzi. Un dato che preoccupa molto anche alla luce dell’elevata disoccupazione giovanile. A vedere peggiorare le proprie condizioni sono soprattutto le famiglie monogenitore dove l’incidenza aumenta fino al 11,7 per cento dall’8,9 dell’anno precedente, ma anche le famiglie con un figlio a carico, dove si passa da un incidenza del 5,3 per cento al 7,2, e quelle con due figli dove c’è un aumento dall’8,8 al 10,6 per cento. Pensa che si possa fare qualche cosa?
«Purtroppo quello che sta accadendo a livello mondiale crea le condizioni per far mettere le radici a nuovi regimi.
La sempre maggiore differenziazione tra i poveri e i ricchi, le distanze siderali tra modelli di democrazia, sono tutti presupposti pericolosi su cui tenere alta l’attenzione».
Per tenere alta l’attenzione si deve avere anche una grande capacità di informazione. Secondo lei avviene?
«Il tema del China Global Television Network, la Televisione statale del Partito comunista cinese è uno di quelli che stiamo curando più da vicino».
Mi vuole spiegare?
«Cercate di immaginarvi un cittadino europeo che viene rapito dalle autorità statali di un terzo Paese, detenuto illegalmente, sottoposto alle torture e forzato a “confessarsi” sull’emittente televisivo statale di tale Paese. Bene. Direte che a quell’immagine non possono che seguire disdegno e orrore. Certamente vi aspettate come minimo delle espressioni di solidarietà fra i partner europei, delle denunce pubbliche e politiche, possibilmente seguite da azioni concreti nei confronti di quel Paese e tale emittente. Giusto? Ebbene no. Non solo tale denunce non arrivano, tale emittente statale, che risponde agli ordini del Partito comunista cinese e i quali giornalisti collaborano attivamente nell’estorcere le pubbliche confessioni televisive, continua a mandare in onda le sue opere di tortura non solo in Cina, ma anche da noi».
E questo da quanto tempo accade?
«Da quando il leader cinese Xi Jinping è salito al potere nel 2013, centinaia di difensori dei diritti umani, uiguri e altri detenuti sono stati fatti sfilare in TV per leggere una confessione "sceneggiata" fatta per sembrare un'intervista volontaria, trasmessa in tutto il mondo attraverso i canali internazionali CCTV-4 e CGTN. Tra loro anche diversi cittadini europei».
E cosa si potrebbe fare?
«Con safeguard sto seguendo la possibilità della revoca della licenza da parte del regolatore britannico che dovrebbe avere un effetto in tutta Europa, ma che per ora ha avuto seguito solo in Germania. 
La nostra AGCOM, ad oggi , è silente nonostante i nostri solleciti».
Oggi il partito comunista cinese è anche in grado di fare propaganda dicendo che la gestione, da loro, della pandemia è stata fatta con efficacia...
«Anche questo è un tema. Bisognerebbe innanzitutto capire se ciò che passa l’informazione sul regime comunista cinese corrisponda a verità. Esiste oramai quasi il mito per cui noi abbiamo bisogno della Cina mentre in realtà anche loro hanno la forte necessità dei nostri mercati».
Cosa si potrebbe fare per bilanciare nuovamente tutto?
«C’è sempre di più la necessità di fare conoscenza affinché ogni organo istituzionale e ogni persona sia al corrente che non sta trattando con un l’istituzione Cina ma con il partito comunista cinese che, mi creda, e ben altra cosa».
 

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