Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L'intollerabile silenzio di D'Amato sui soldi pubblici finiti alla sua Onlus

La Corte dei conti gli contesta l'uso improprio di 275mila euro di fondi della Regione Lazio

Francesco Storace
  • a
  • a
  • a

Tutto tace, ma la magistratura non si ferma. Stavolta non è un’invenzione dei giornali, perché la Corte dei Conti procede come un carro armato nei confronti dell’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato. Ieri ne abbiamo dato notizia (anche Repubblica) ma dal palazzo regionale nemmeno una sillaba è venuta fuori sull’incresciosa vicenda che riguarda il potente D’Amato: la magistratura contabile afferma che lui deve tirare fuori 275mila euro - un’altra ingente cifra è stata prescritta - ma Nicola Zingaretti non dice una parola.

 

Sta diventando fastidioso il clima di omertà che riguarda le vicende giudiziarie che ruotano attorno alla Regione Lazio. Ci si trincera nel silenzio, sperando che passi la bufera. Eppure si tratta di una storia davvero brutta - campagne di partito con fondi regionali - che Il Tempo ha seguito nei mesi scorsi. La Guardia di Finanza ha svolto indagini meticolose e la Corte dei Conti ha notificato all’assessore l’invito a dedurre: nel penale si chiamerebbe avviso di garanzia.

 

Tra l’altro, nei corridoi del palazzone di via Cristoforo Colombo non deve essere una sorpresa: circa un mese fa pare ci sia stata la richiesta dei dati anagrafici di D’Amato e del suo entourage, probabilmente proprio per questa indagine. Forse in Giunta c’era chi sapeva, ma anche allora nessuno parlò. Il silenzio continua ancora. 

Per carità, non su tutto il resto. Ieri D’Amato è stato molto attivo, ha parlato di vaccini, di anziani, di apparecchiature per il policlinico di Tor Vergata, di vittime del Covid nel Lazio. Ma neppure una parola sullo scandalo che lo riguarda. E neanche il governatore. La consegna delle bocche cucite è diventata un obbligo.

 

Per ora, a parlare è solo la Lega, lo ha fatto la consigliera regionale Laura Cartaginese che ha chiesto al presidente della Regione come si fanno a lasciare in mano a D’Amato «gli ingenti fondi da gestire per l’emergenza Covid». L’esponente leghista ricorda che tutto ruota attorno alla Onlus Italia Amazzonia. Ci furono sovvenzionamenti regionali per i quali la regione avrebbe dovuto fare richiesta di restituzione per l’uso improprio che ne era stato fatto, almeno a giudizio degli inquirenti. Ma nulla si mosse, sin dal 2013. Quelle somme risalenti al 2006 sarebbero infatti poi passate sui conti dell’associazione Rosso-Verde di cui Alessio D’Amato, allora capogruppo dei Comunisti italiani alla Pisana, come ricostruito dalla Guardia di Finanza, era presidente e «principale beneficiario». Per questa vicenda i magistrati contabili contestano un danno pari a 275 mila euro. L’ipotesi dei finanzieri che indagano è che «i fondi della Onlus che si occupava di progetti di solidarietà e cooperazione a favore delle popolazioni amazzoniche siano in realtà serviti a "finanziare illecitamente" la seconda associazione», nata invece per sostenere l’attività politica di D’Amato. Ci fu anche un processo penale per truffa che finì con la prescrizione. Adesso la Corte dei Conti attenderà le carte della difesa dell’assessore e deciderà se procedere al processo.

Anche in questo caso deve ovviamente prevalere il garantismo, che riguarda innanzitutto il rispetto delle regole della giustizia. Ma c’è anche una chiave di lettura, più «politica», che non deve sfuggire a nessuno. È inammissibile che si tenti di far calare il silenzio su fatti gravi, se comprovati. È proprio D’Amato ad avere il dovere di spiegare i comportamenti che gli sono imputati alla pubblica opinione e al consiglio regionale. E se non lo fa lui, tocca a Zingaretti. Anche perché siamo certi che se continuano a tacere sarà tutta l’opposizione, e non solo la Lega, a denunciare i silenzi. E magari anche chi nella maggioranza regionale non ha voglia di finire in uno scandalo per omertà.

Il gioco non vale la candela. La difesa ad oltranza di atteggiamenti che appaiono disdicevoli non può essere ulteriormente tollerata. Questo significa che D’amato è colpevole? Lo stabilirà il magistrato. Ma le bocche chiuse inducono al sospetto. Sarebbe molto più utile fare chiarezza almeno su questo. Altrimenti, se proprio non si vuole parlare, bisogna pensare a un assegno per restituire quei denari.

Dai blog