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Processo ex Ilva, chiesti cinque anni per Nichi Vendola e otto mesi per Fratoianni

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Prime richieste di condanna nel processo Ambiente Svenduto sulla gestione dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto: i pm hanno chiesto cinque anni per l’ex governatore della regione Puglia, Nichi Vendola. L’ex presidente della regione Puglia è imputato con l’accusa di concussione aggravata in concorso: nella ricostruzione del pool dei pm tarantini, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), Giorgio Assennato, allo scopo di rivedere la posizione dell’agenzia rispetto alle emissioni prodotte dallo stabilimento.

Il pubblico ministero Mariano Buccoliero, al termine della requisitoria al processo in corso davanti alla Corte di Assise di Taranto, presieduta da Stefania D’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini, ha chiesto inoltre la condanna di Fabio Riva, figlio dell’ex patron dell’azienda Emilio Riva, e di Luigi Capogrosso, ex direttore della fabbrica a una pena di 28 anni e per Nicola Riva, fratello di Fabio, a 25. 

Sono imputate 44 persone fisiche e tre società del gruppo Riva (Ilva, Riva Fire, che dal dicembre 2016 si chiama Partecipazioni Industriali, e Riva Forni Elettrici). L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata, a vario titolo, al disastro ambientale colposo e doloso, all’avvelenamento di sostanze alimentari, all’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, al danneggiamento aggravato di beni pubblici, al getto e sversamento di sostanze pericolose, all’inquinamento atmosferico.  Sotto accusa (con ipotesi di reato di corruzione, falso e abuso di ufficio) anche i presunti tentativi effettuati per ammorbidire i controlli o falsarne i risultati. Nel processo sono confluiti anche due morti sul lavoro (ipotesi di omicidio colposo). Sono circa 900 le parti civili.  

Il pm ha chiesto una condanna a 8 mesi per Nicola Fratoianni, deputato, attuale segretario di Sinistra italiana e all’epoca dei fatti assessore regionale pugliese. Il processo è ormai in corso da quasi cinque anni (in realtà di più, perché ci fu una falsa partenza a ottobre 2015).  La requisitoria è iniziata il 1° febbraio scorso e va avanti da 9 sedute. La calendarizzazione prevede nei prossimi giorni, fino alla fine di febbraio, gli interventi degli avvocati delle parti civili. A marzo, le arringhe delle difese degli imputati fino a metà aprile. Intorno al 20 aprile sono state fissate le eventuali repliche e infine la camera di consiglio cui seguirà la sentenza.  

Durissime anche le altre richieste di condanna: 28 anni per Girolamo Archinà, factotum e uomo delle relazioni istituzionali dell’azienda; 20 anni per Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento; 20 anni ciascuno per Lanfranco Legnani, Giovanni Rabaioli, Agostino Pastorino, Alfredo Ceriani, Enrico Bessone, all’epoca dei fatti dirigenti e responsabili di varie aree strategiche del siderurgico; 17 anni per l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, per un breve periodo presidente dell’Ilva; 17 anni per l’ex consulente della Procura Lorenzo Liberti; 7 anni per l’avvocato Franco Perli; consulente legale dei Riva; 4 anni a testa per l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido e per l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva; 1 anno per l’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato; 8 mesi per l’assessore regionale Donato Pentassuglia. È intervenuta la prescrizione per l’ex sindaco di Taranto Ippazio Stefano. La Procura ha chiesto la confisca degli impianti dell’ex Ilva sequestrati il 25 luglio 2012 e la confisca di 2 miliardi e 100 milioni quale equivalente di illecito profitto delle tre società coinvolte.

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