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Verità sulla pandemia, Speranza finisce sotto torchio

Francesco Storace
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Ormai le idee sono abbastanza chiare dopo le ultime audizioni in terra lombarda. I magistrati di Bergamo arrivati ieri a Roma hanno nella borsa il cartellino giallo. Sulla pandemia che ha devastato l’Italia a partire dalla loro provincia non vogliono fare sconti a nessuno. E oggi comincia una nuova serie di interrogatori, con persone che per ora sono ascoltate come informate sui fatti. Ancora senza avvocati.

La procura sta conducendo un lavoro certosino e per questo i suoi pm che indagano sul Covid e le omissioni sulla tragedia oggi ascolteranno il ministro della Salute, Roberto Speranza. E certo non gli chiederanno una dedica autografa sul famoso libro sparito dalla circolazione per eccesso di ottimismo. Oltre al ministro, ma nella caserma della Guardia di Finanza a via dell’Olmata, saranno sentiti anche Silvio Brusaferro (istituto superiore di sanità), il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, Giovanni Rezza (ministero della Salute) e Donato Greco. Quest’ultimo fu il direttore generale che nel 2006 portò a compimento il piano pandemico tutt’ora vigente.

 

Proprio su un documento ingiallito ma incredibilmente mai aggiornato si concentrerà l’attenzione degli inquirenti. Un altro ex direttore del ministero, Claudio D’Amario, non ha avuto remore nel pronunciare a Report (RaiTre) una frase da brividi: «Nel 2017 non fu aggiornato il piano pandemico dell’Italia. Fu aggiornato il sito». Insomma, come premere f5 sulla tastiera del computer. Ranieri Guerra, a sua volta ex direttore alla Salute e vicedirettore aggiunto dell’Oms, aveva invece rivendicato l’aggiornamento. Se i magistrati credono a D’Amario e non a lui, si becca almeno un avviso di garanzia. E non da solo.

Anche perché c’è da chiarire pure un’altra incredibile storia che emerge di fronte a troppe decine di migliaia di morti. Quel rapporto dell’Oms improvvisamente scomparso dal sito dell’organizzazione mondiale della sanità. Un intreccio di mail e poi di dichiarazioni ai magistrati che fa venir meno ogni certezza sul modello italiano di contrasto al Covid. Anzi, troppi i trucchi che emergono e i magistrati vogliono smascherarli.
Assieme alle sottovalutazioni – che stanno a verbale – di una pandemia che entrava prepotentemente in Italia e verso la quale la resistenza del Paese fu deficitaria per eccesso di ritardo. Se non per incompetenza.

 

Ieri abbiamo riferito ai lettori de Il Tempo che il ministro Speranza «non dice nulla» rispetto alle domande dei giornalisti che attendono risposta. Ma davanti ai magistrati non potrà valere lo stesso sprezzante atteggiamento. In sostanza, da Bergamo – e non solo... - si vuole sapere: perché non si attivò il piano esistente in quel momento in Italia? E chi omise di farlo? Quel piano, se attivato, poteva salvare vite umane? E di fronte all’allarme lanciato dall’Oms il 5 gennaio 2020 sulla pandemia con il conseguente invito ad attuare i piani pandemici nazionali, chi fu in Italia ad assumersi la gravissima responsabilità di non dare seguito a quella direttiva?

Alla vigilia della nuova missione romana, in procura ci si soffermava proprio su questa, che è la questione più delicata, quella che potrebbe rappresentare la svolta più rischiosa per l’esecutivo in questa inchiesta in cui tra i reati ipotizzati c’è l’epidemia colposa. E se non si è chiari nelle risposte sulla vigenza di quel piano del 2006 e sui motivi della mancata attuazione delle misure previste, arrivano i dolori. Anche perché, come abbiamo scritto in questi giorni grazie alle rivelazioni di "Report", i verbali della task force istituita contro il Covid parlano chiaro. Si arrivò il 31 gennaio alla proclamazione dello stato di emergenza senza elementi certi riguardo al pericolo che si correva.

 

La giornata di oggi – ma se occorrerà i pm si fermeranno nella Capitale per completare il loro lavoro – sarà importante. Anche ai fini del prosieguo dell’inchiesta perché parte di essa potrebbe essere stralciata proprio in direzione Roma. Soprattutto se dovesse emergere che migliaia di cittadini e operatori sanitari sono stati mandati al macello, ci saranno provvedimenti inevitabili se si vorrà rendere giustizia alle vittime di una strage senza precedenti. Una serie infinita di errori, tra vaccini, mascherine, siringhe, truffe miliardarie, su cui va fatta immediata chiarezza. Perché è la pubblica opinione a chiedersi chi ha giocato con le nostre vite, mentre si era troppo impegnati a fare gli antirazzisti a tutela dei poveri cinesi. L’Oms ci diceva di prepararci al peggio, ma i nostri governanti regalavano mascherine proprio a Pechino, per poi ricomprarle al triplo grazie ad un "eroe" venuto dall’Ecuador. La sottovalutazione è stata tale che quelle mascherine le spedimmo in Cina senza dotarci di quelle scorte che pure erano previste dal piano pandemico. Anche a causa di questa leggerezza abbiamo lasciato sul campo troppi medici e infermieri a combattere il virus a mani nude. Non poteva accadere davvero nulla di meglio con questa superficialità.

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