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Conte inciampa sulla giustizia civile. I ritardi sono suoi, non della Lega

Il premier in Senato accusa: riforma ferma in commissione. Sì ma per colpa di M5S e Pd

Francesco Storace
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Conte riprovaci. Perché le bugie durano poco, soprattutto quando sono plateali. E se un avvocato inciampa in Parlamento sulla giustizia civile deve cambiare almeno uno dei due mestieri. L’ha sparata grossa, Giuseppe Conte, l’altro giorno a Palazzo Madama, rimproverando l’opposizione che lo criticava sulla giustizia. Ah sì, e allora sbrigatevi voi che avete la presidenza della commissione al Senato dove è ferma la riforma della giustizia civile.

Ma è vero? Andrea Ostellari, che è calmo di carattere, risponde senza peli sulla lingua al presidente del Consiglio, visto che è lui il leghista che presiede proprio la commissione giustizia di Palazzo Madama: “Il premier senza maggioranza ha detto che la riforma della Giustizia è ferma in Commissione per colpa mia. E non, invece, perché è una pessima riforma, che non convince neanche PD e 5 Stelle”.

Come solito, Conte dice balle o è male informato. E qui c’è una sorpresa. La realtà è un’altra. La riforma del processo civile fatica a procedere perché durante le audizioni sono state sollevate grandi perplessità. Perplessità che sono condivise anche dalla maggioranza. Tanto che i relatori (prima ce n’era uno grillino sostituito in commissione dal suo gruppo con relativa perdita di tempo) Unterberger (autonomie) e Rossomando (Pd) hanno richiesto di riaprire i termini per le audizioni e, dopo che sono state svolte, hanno ipotizzato un termine per gli emendamenti addirittura nel mese di febbraio. Si è comunque deciso di procedere, ma la fase di discussione si è interrotta per le vicende relative alla crisi di Governo, anche queste provocate dalla maggioranza.

Per dimostrare l’infondatezza delle accuse di Conte alla commissione del Senato, basta vedere il suo calendario, che certamente – e in tempo di Covid – non ha trattato solo quell’argomento. Il disegno di legge a cui si riferisce – una delega al governo sulla giustizia civile, non proprio una cosetta – è stato assegnato alla commissione un anno fa, a gennaio. E incardinato il 3 marzo 2020, con la nomina dei relatori. In quella seduta si decise di procedere, tutti concordi, prima ad una serie di audizioni, come è giusto che sia. Fissando un termine per le proposte dei soggetti da sentire all’11 marzo. Ma non arrivarono nomi.

Con santa pazienza, fu stabilito da Ostellari un nuovo termine, ma il 30 giugno la capogruppo dei Cinque stelle D’Angelo propose un nuovo slittamento. Il capogruppo Pd Mirabelli concordò. Nessuno dei due deve averne informato il premier. Poi, sono finalmente cominciate le audizioni. 7 luglio, 22 settembre, 21 e 27 ottobre. La maggior parte dei soggetti ascoltati, a partire dal presidente delle Camere civili Antonio de Notaristefani, con tante perplessità sul testo della legge delega. In totale sono stati ascoltati 41 soggetti diversi, di cui 38 in presenza e dribblando persino il Covid.

Nel frattempo alla commissione arrivavano gli argomenti più diversi. A gennaio doveva riferire la relatrice Unterberger, che però non si presentava oer altri impegni nella seduta del giorno 12. 24 ore dopo, l’altra relatrice, quella del Pd, Rossomando, chiedeva di spostare il termine per la presentazione degli emendamenti al 10 febbraio. Poi la crisi del governo Conte. 

Che cosa pretenda il presidente del Consiglio dal senatore Andrea Ostellari è davvero difficile da capire: i ritardi li provocano quelli che appoggiano la sua maggioranza e lui se la prende con l’opposizione. Proprio la Unterberger è una dei firmatari della risoluzione sulla fiducia al governo. Ma non si parlano tra di loro?

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