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Matteo Renzi aspetta il Recovery Plan. Poi la resa dei conti, crisi di governo a un passo

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Approvare il Recovery plan e solo dopo risolvere la partita di un eventuale rimpasto e del patto di legislatura. Il pressing su Matteo Renzi, messo in atto da giorni da palazzo Chigi e dal Pd, trova un alleato d'eccezione al Quirinale e la road map della crisi cambia, ancora una volta, tempi e modalità di risoluzione. Il leader di Italia viva ribadisce le sue eccezioni nei contenuti, ma abbozza una prima apertura. Sergio Mattarella, riconosce, "ha detto cose che tutti noi condividiamo. Suggerisco di non tirare per la giacchetta il presidente della Repubblica, lui è un arbitro e non si mette a dire a un dirigente politico cosa deve fare. Nella sostanza, comunque, approviamo questo benedetto Recovery", dice. Il refrain, però, non cambia: "Se qualcuno mi dice 'facciamo veloci', io dico 'corri, ma presentate questo Recovery, e usiamolo. O spendiamo bene i soldi o spendeteli senza di noi".

La resa dei conti sui 209 miliardi in arrivo da Bruxelles potrebbe andare in scena nel Consiglio dei ministri di domani, ma le trattative sono ancora in corso. "Tirino fuori questo benedetto documento perché finora sono solo chiacchiere. Quando arriverà lo valuteremo, se non siamo d'accordo diciamo 'amici come prima, noi le nostre poltrone ve le ridiamo'", insiste l'ex premier.

Andrea Orlando resta sul chi va là. "L'accordo in generale non lo darei per fatto, ci sono molte questioni aperte - ammette - Sul Recovery siamo contenti che sia passata la nostra linea, è fondamentale che si metta in sicurezza e che non si intralci il percorso per portarlo in Parlamento, ma ora si torni ai tavoli". I nodi da sciogliere, in effetti, non mancano e il clima all'interno della maggioranza resta da separati in casa. Renzi assicura di "non volere la testa" di Conte, ma i rapporti tra i due sono al minimo storico. "Io non ho mai chiesto la conta in Aula, il presidente del Consiglio ha detto: 'ci vedremo in Aula e ci conteremo lì'", insiste il leader di Iv, bollando come "non lungimiranti" le parole del premier. A non essere passate inosservate, poi, nel quartier generale renziano, i virgolettati stampa attribuiti a Rocco Casalino, pronto ad "asfaltare Renzi e Italia viva". Il portavoce del premier smentisce, ma la replica di Renzi è netta: "Io ho proposto dei contenuti e se la reazione di Conte e dei suoi collaboratori è 'andiamo in aula e li asfaltiamo', io spero soltanto che abbiano fatto bene il conto dei numeri. Se danno queste veline ai giornali, sapete che c'è? Ci vediamo in Senato". Lo showdown, insomma, non è ancora del tutto da escludere. I Dem, allora, richiamano tutti alla responsabilità. "Noi non crediamo che si debba e si possa andare fuori da questa maggioranza e crediamo che dentro questa maggioranza il punto di equilibrio sia Conte", mette in chiaro Orlando. Anche Goffredo Bettini, che nei giorni scorsi ha mediato tra i due litiganti, converge sul premier, ma avverte: è il momento di "stabilire un accordo solenne, vincolante e chiaro circa le priorità di un programma di fine legislatura. Altro che rimpastino".

A dare forza a tutta l'operazione, secondo il consigliere di Nicola Zingaretti, potrebbe essere l'ingresso dei leader al Governo. "Un governo più politico è una garanzia per la stabilità dello stesso Conte. A condizione che prevalga un sentimento di lealtà e di solidarietà per una impresa comune". Trattative e conti, insomma, vanno avanti. Il capogruppo Pd a palazzo Madama, intanto, lancia un avviso ai naviganti: "Senza i senatori di Italia Viva, in Senato - avverte - non c’è maggioranza”.

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