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Conte fa il pacco agli italiani. Chiude tutto e dà pochi soldi per i ristori

Pietro De Leo
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La beffa e il danno con il «decreto Natale» si mescolano fino a generare una pozione velenosa ed esplosiva per tutte le categorie interessate dalla nuova ondata di chiusure. Avviando uno scenario dai contraccolpi inimmaginabili, ben oltre il già tragico versante economico.

Già ieri, per dirne una, Confesercenti di Torino ha segnalato un rischio sulla tenuta psicologica degli operatori a seguito delle nuove restrizioni di Natale. E mai come ora, infatti, la dinamica di tutto quanto è apparsa nel suo cupo tratto surreale. Appena due settimane fa, infatti, il governo Conte discuteva addirittura di rallentare l’impostazione precedente, per consentire agli italiani di trascorrere il Natale in un abbozzo di dignità. Dopo una gestazione dai tempi biblici, invece, è arrivata la doccia gelata a soltanto sei giorni dalla Vigilia di Natale e c’è la prova provata, perché le testimonianze non mancano, di quali possano esser stati, in tutti questi giorni, i problemi per un ristoratore fino all’ultimo senza un quadro chiaro che gli consentisse di prevedere se acquistare o meno la materia prima per servire i piatti nei giorni di festa, se reclutare o no un cameriere in più.

Insomma, un disastro, tanto che ieri la Fipe di Confcommercio ha osservato come tutto questo sia una nuova tegola sul settore: «Le nuove limitazioni incideranno pesantemente sui nostri già disastrati fatturati: abbiamo già perso oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati ristori, risultano inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni».

E qui entriamo nell’alveo del danno. Sì, perché a dare un titolo a tutta questa storia è che alla fine è il tessuto delle imprese, quel mondo popolato da chi la mattina si alza e tira su la serranda o accende il registratore di cassa, evidentemente non proprio conosciuto dalle parti del governo, a pagare il conto delle scelte di prevenzione pandemica adottate previ casini, avvitamenti, ritardi e contraddizioni. Lo scenario è presto tracciato, dettato dai numeri. Confcommercio ha preventivato negli scorsi giorni che le nuove chiusure di Natale potrebbero portare alla perdita di una cifra di circa 10 miliardi tra gli acquisti di beni e il comparto della ristorazione (per quest’ultimo circa 3 miliardi). E il grande annuncio del Presidente Conte l’altro ieri, nella sua continua epica delle conferenze stampa serali, ha definito l’arrivo di «misure immediate di ristoro per circa 645 milioni per ristoranti e bar: riceveranno il 100% dei ristori».
Raffrontando le cifre, quindi, non serve il pallottoliere per comprendere come la reazione economica sia gravemente insufficiente. E non rincuora certo quanto affermato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. «A gennaio proseguiremo la nostra azione di sostegno con un nuovo intervento per completare il quadro dei ristori con l’introduzione, tra le altre cose, di un meccanismo perequativo in grado di garantire un maggiore contributo a chi ha perso di più durante i mesi della crisi».

A gennaio, appunto. E si sa come vanno le cose, con questo governo, quando viene annunciato un riferimento temporale. Insomma, a quasi un anno dall’inizio dell’incubo Covid si ripropone sempre lo stesso schema: le compensazioni economiche non sono mai contestuali ai sacrifici richiesti. Una coazione a ripetere che sta dissanguando il tessuto italiano della piccola e media iniziativa privata.
 

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