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La strage di Nizza e le responsabilità che il governo nega

Riccardo Mazzoni
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Di fronte a un fatto gravissimo come il passaggio nel nostro territorio nazionale di un jihadista tunisino che poi ha compiuto la strage islamica di Nizza, il governo avrebbe il dovere di assumersi l’evidente responsabilità delle macroscopiche falle nei controlli che mettono a rischio terrorismo tutto il Continente. In queste ore stiamo invece assistendo da parte della maggioranza a una difesa senza se e senza ma della ministra Lamorgese, la quale non ha trovato di meglio che addossare le colpe al suo predecessore affermando che i decreti sicurezza di Salvini hanno causato solo insicurezza. Un atteggiamento semplicistico e autoassolutorio mutuato dal grillismo, che ormai al potere da due anni e mezzo, continua ad addebitare i propri disastri di governo ai precedenti esecutivi di ogni colore.

Di Maio in questa manipolazione della realtà è un autentico fuoriclasse, ma chi ha il compito istituzionale di tutelare la sicurezza del Paese dovrebbe attenersi a canoni più consoni al ruolo, senza scadere nella propaganda. Anche perché, di fronte alle preoccupate denunce del centrodestra, per mesi il Viminale ha assicurato che tra le migliaia di migranti sbarcati sui barchini grazie alla riapertura dei porti non c’era alcun rischio di infiltrazioni terroristiche. Per il governo, i martiri di Allah e i foreign fighters di ritorno dai lugubri fasti di Daesh in Siria viaggiano evidentemente solo in aereo, nonostante le numerose segnalazioni della loro presenza in Libia.

Un approccio dettato dall’ideologia dell’accoglienza indiscriminata, dominante nella maggioranza rossogialla, che non è compatibile né con l’emergenza sanitaria né col nuovo, micidiale attacco che il fondamentalismo islamico sta portando al cuore dell’Europa. Quanti immigrati positivi al Covid sono fuggiti dai centri di accoglienza senza essere rintracciati? Perché non si sono dotate le forze dell’ordine di regole d’ingaggio adeguate? E quanti tunisini, nessuno dei quali in tutta evidenza ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale, una volta avuto il foglio di via sono scomparsi nel nulla? Gli stessi dati forniti dal Viminale sono inequivocabili: degli 11.195 tunisini sbarcati a Lampedusa nel 2020 i rimpatriati sono stati soltanto 1100, quindi uno su dieci nonostante i proclami di Lamorgese e Di Maio sul “successo diplomatico” delle missioni a Tunisi. Ma c’è un’altra domanda scomoda a cui il governo non ha mai risposto: come mai i dieci centri per il rimpatrio esistenti in Italia – dovevano essere potenziati, ma non è mai stato fatto – hanno 548 posti disponibili e solo 344 sono occupati? Nel 2020 sono sbarcati in Italia quasi esclusivamente migranti economici – più dell’80 per cento – e l’allentamento dei controlli, ancora più irresponsabile vista la pandemia in corso, ha determinato una situazione sempre più fuori controllo.

Eppure la stessa ministra Lamorgese il 29 luglio aveva definito gli sbarchi a Lampedusa “inaccettabili”, il premier Conte il 5 agosto assicurò che sull’immigrazione illegale “saremo duri e inflessibili”, e il 12 agosto anche il Capo della Polizia Gabrielli disse pubblicamente che “le persone presenti illegittimamente nel nostro Paese devono tornare nel loro Paese”. Ma gli sbarchi sono proseguiti senza sosta, e ora, nonostante il tragico vulnus del killer di Nizza, il governo ha stanziato altri otto milioni di euro non per avviare controlli capillari nei centri, ma solo per incrementare l’accoglienza: è stata bandita infatti la gara per 250 posti base proprio nell’hot spot di Lampedusa, in evidente contraddizione con gli altri 500 milioni stanziati per favorire l’accoglienza diffusa.

Gli appelli del centrodestra a un rafforzamento dei confini sono stati dunque totalmente ignorati al grido di “sciacalli”. Ma la ministra Lamorgese avrebbe il dovere, politico e istituzionale, di spiegare come ha potuto un migrante sbarcato in Italia in piena pandemia raggiungere impunemente la Francia e compiere una strage. C’è una precisa responsabilità politica che indebolisce ulteriormente l’immagine dell’Italia in Europa e condizionerà negativamente l’iter delle relocation, già frenato dalla chiusura dei confini per la pandemia e ora destinato ad arenarsi definitivamente. Chi infatti accoglierà più migranti da un Paese che fa passare i terroristi?

E non è paradossale che il ministro dell’Interno che difendeva i confini sia finito sotto processo, e chi invece ha sempre sostenuto che il terrorismo non passa dai barchini possa restare al suo posto come se nulla fosse accaduto?

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