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L'ultima di Mariana Mazzucato, l'esperta di Conte vuole il lockdown climatico

Pietro De Leo
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L’avreste mai immaginato un «Lockdown climatico»? Noi francamente no, non pensavamo che il sabba del green e di vaghi occhiolini alla decrescita felice potesse giungere a tanto. Invece l’idea, che sia proposta, o suggestione, o previsione è stata teorizzata da Mariana Mazzucato. Sì, l’economista che sta collaborando con il governo per il piano sul Recovery Fund (tanto per stare un po’ più tranquilli), in un intervento su «Project Syndicate» ha messo nero su bianco l’ipotesi di fermare la nostra vita economico-produttiva per salvare l’ambiente. «Le trasformazioni dei ghiacci artici, gli incendi violenti negli stati occidentali Usa e altrove, e le perdite di metano nel Mare del Nord sono tutti segnali di allarme del fatto che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta sui cambiamenti climatici, momento in cui la protezione del futuro della civiltà richiederà interventi drammatici».

E poi arriva il cuore del ragionamento: «Con un "blocco climatico", i governi limiterebbero l’uso di veicoli privati, vieterebbero il consumo di carne rossa e imporrebbero misure estreme di risparmio energetico, mentre le compagnie di combustibili fossili dovrebbero smettere di trivellare. Per evitare un simile scenario, dobbiamo rivedere le nostre strutture economiche e fare capitalismo in modo diverso». Insomma, lo schema è sempre quello, l’incolpazione e l’agitazione dell’incubo per dipingere uno scenario di sanzioni estreme. Chissà, magari per «misure estreme di risparmio energetico» vorrà dire che torneremo alle candele, ma è già chiaro che esisterà una coazione alla dieta nel piatto. Insomma, un dirigismo estremo, parente stretto di quello già patito nella fase più acuta del Covid, quando pressoché tutte le forme di libertà sono state represse.

D’altronde, come scrive la professoressa Mazzucato, «molti pensano alla crisi climatica come distinta rispetto alla crisi sanitaria ed economica causate dalla pandemia. Ma le tre crisi sono interconnesse». Come sono analoghi gli atteggiamenti provenienti da un certo blocco culturale, sempre assai zelante nell’autoincolpazione occidentale. Così come all’insorgere del Covid si sono ben guardati dall’inchiodare la Cina alle proprie responsabillità, ora nell’evocazione del «lockdown climatico» nessun riferimento viene fatto, per dirne una, al primo Paese emettitore di Co2 nell’aria. Che, guarda caso, è lo stesso.

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