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Conte smemorato di Amatrice ma i terremotati non dimenticano

Luigi Bisignani
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Caro direttore, "attenti a quei due", viene da pensare guardando Sergio Mattarella e Giuseppe Conte per come hanno ricordato i morti di Amatrice, a distanza di ormai quattro anni dal terremoto. Con la popolazione che invoca case e giustizia, i duumviri che hanno in mano il Paese sembrano arrivati al Quirinale e a Palazzo Chigi solo da qualche settimana. E se Mattarella era già Presidente della Repubblica all’epoca del drammatico sisma, “Giuseppi” siede a Palazzo Chigi da più di due anni, spesi  per convincerci che è sempre pronto un piano per tutto.

Basterebbe andare negli archivi dei Palazzi per ricordare la foga di Sandro Pertini dopo il terremoto del 1980 in Irpinia o lo straordinario impegno di Silvio Berlusconi, e soprattutto di Gianni Letta, dopo il terremoto de L’Aquila. Ma il convento oggi ci passa un Premier che vive di passerelle e di annunci. L’ultimo, in ordine di tempo, quello sul tunnel sotterraneo di Messina; e meno male che a spegnere subito gli entusiasmi è intervenuto un ingegnere coraggioso come Salvatore Margiotta che, sembrerà incredibile in questi tempi di dilettanti, è anche competente Sottosegretario al MIT, liquidando paro paro l’argomento: “un tunnel sotto lo Stretto è rischioso, costoso e di dubbia fattibilità”. Intanto si attende un inizio da incubo delle scuole senza avere risposta a domande semplici come: se si dimezzano le classi, si raddoppieranno anche le aule e i professori? E dove si vanno a trovare gli spazi e i docenti a meno di due settimane dal via che travolgerà tutto? Anche per queste ultime ragioni, è ormai communis opinio che, dopo le elezioni regionali ed il referendum, non possa essere questa squadra di governo  a gestire i 209 miliardi del Recovery Fund, per di più dopo la bizzarra decisione di attribuirne il coordinamento al Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE).

A tutt’oggi non è ancora chiaro il valore aggiunto che porterà tale comitato presieduto dal ministro piddino Enzo Amendola, soprannominato scherzosamente il “comunista marocchino” per via della moglie Karima Moual in cerca di gloria in Rai. A Bruxelles sono a dir poco esterrefatti. Entro metà ottobre, tutti i Paesi dovranno presentare una lista di progetti “papabili. Da noi, nessuna definizione di programmi generali o dei criteri di selezione delle proposte finanziabili, con Amendola che spara date a caso sul giorno di consegna del piano italiano all’Europa. La struttura appare, da un lato, sottodimensionata per lo svolgimento di compiti anche meno complessi, e dall’altro costantemente ridimensionata dall’ingombrante segreteria generale di Palazzo Chigi, in mano a quello che chiamano il ‘biondino’, Roberto Chieppa, ancora più inconcludente del suo stesso premier e privo di qualsivoglia carisma. Alle riunioni preparatorie non partecipano le figure chiave  dei Ministeri, come avviene per esempio per il pre-Consiglio dei Ministri, bensì burocrati  di secondo piano. Non sono in pochi a pensare che sarebbe stato meglio attribuire le competenze sul Recovery Fund al CIPE, abituato da sempre ad approfondimenti tecnici, o alla Cassa Depositi e Prestiti. Al CIAE sono al momento affluiti oltre 500 progetti, provenienti dagli enti e ministeri questuanti più disparati, senza né capo né coda e senza alcun tipo di priorità, né a tutt’oggi risultano presentate schede di presentazione omogenee. Ma se il criterio sarà questo, la Commissione Ue rispedirà tutto al mittente, chiudendo i cordoni della borsa. Una babele paludosa coordinata da un’abile dirigente, Diana Agosti, capo Dipartimento alle politiche europee con un atout in più: essere la moglie dell’ex potente capo dell’Antitrust Antonio Catricalà.

Ben diverso sarebbe stato scegliere alcune macro linee di settori (innovazione, istruzione, sanità, mobilità sostenibile, inclusione sociale) e poi scendere in più approfonditi dettagli. CIPE o CDP avrebbero potuto avvalersi, non certo di una ennesima inutile commissione alla Colao, ma di alcuni protagonisti veri dell’economia italiana, da Carlo Messina a Giuseppe Bono, per citarne due tra i più autorevoli, per suggerimenti. Ma tutto questo certamente non piace a "Giuseppi" che preferisce ballare da solo ed annunciare l’ennesimo storico programma, incurante dei dati del Pil italiano, con l’Istat che ha certificato per l’Italia una variazione acquisita per il 2020 di -14,3% e la Bce un tasso di disoccupazione, al lordo dei cassintegrati, del 25%. Questa volta il terremoto lo farà la gente scendendo in piazza, con un Mattarella asserragliato nel Palazzo del Quirinale sognando il bis, come peraltro tutti i suoi predecessori, ad eccezione di Cossiga.

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