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Stati Generali, l'ennesima sceneggiata dei politici non aiuterà a risolvere i problemi

Angelo De Mattia
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Nell’inaugurazione degli Stati Generali tenutasi ieri, i contenuti principali degli interventi svolti da esponenti istituzionali europei ed esteri ricalcano temi e posizioni da tempo noti: la necessità di non sprecare questa crisi e di realizzare le riforme strutturali, i limiti della politica monetaria, comunque la solidarietà nei confronti dell’Italia che è stata la prima a dovere affrontare il “coronavirus” con tutte le drammatiche conseguenze, la capacità di prevedere il futuro creandolo, l’assicurazione sul risveglio dell’Europa con la frase pronunciata in italiano dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, “ l’Europa s’è desta”, seguita dalla proposta di un’allenza tra generazioni e della stesura di un piano strategico di riforme per la ripresa del Paese. In questo contesto è stata ribadita l’importanza del Recovery Fund ribattezzato “Next Generation Eu”.

In apertura, il Presidente Conte aveva sottolineato tre aree di intervento per la ricostruzione del Paese, la modernizzazione, la digitalizzazione, la transizione ecologica e, a premessa o a complemento, l’investire nella bellezza dell’Italia, un’idea stimolata pure dalla sede e dal panorama di Villa Pamphilj in cui si tengono gli Stati Generali. Ma se, appunto, era abbastanza scontato che questi esponenti non avrebbero detto altro che quello che hanno esposto, magari con maggiore o minore enfasi, maggiore o minore incisività, allora è evidente che si è puntato sull’effetto di immagine e della coralità delle proposte di innovazione e riforma con il retro-pensiero di convincere della loro ineludibilità.

Insomma, si tratta di una specie di retaggio della frase, negativa sotto i diversi punti di vista, “ lo chiede l’Europa”, quando, invece, si è, o in ogni caso si dovrebbe essere, ben consapevoli di quel che è necessario fare per la nostra economia e la società. Addirittura forme di dolci pressioni, quelle che i romani avrebbero chiamato “ vis haud ingrata” – e che un tempo erano incarnate dal cosiddetto vincolo esterno – possono rendere paradossalmente più complicato il processo di riforma. In ogni caso prendiamo atto del ribadimento di queste posizioni e pensiamo anche alla parte che deve fare in concreto l’Unione entrando, dopo le formulazioni generali e le espressioni di soddisfazione, “ in medias res” sul Recovery Fund in vista del Consiglio europeo del 19 giugno.

Più diretto e incisivo è stato, invece, l’intervento del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale, comunque, ha alle spalle la profonda elaborazione compiuta nei mesi scorsi per arrivare alla stesura delle Considerazioni Finali lette il 29 maggio. Il discorso del Governatore, che in larga parte riflette le “ Considerazioni” e non avrebbe potuto essere diversamente data la breve distanza tra i due interventi, è iniziato con il rilevare che quest’anno si registrerà a livello globale la più diffusa diminuzione del reddito pro capite dal 1870. Riprendendo Keynes, come aveva fatto il 29 maggio, Visco ha nuovamente sollecitato la preparazione di un buon piano economico per il medio-lungo periodo, avendo comunque presente che i frutti si potranno vedere con il tempo, ma sin d’ora una tale programmazione influisce sulle aspettative, incute fiducia.

Sarebbe fondamentale riportare la dinamica del Pil all’1,5 per cento. Ciò richiede una crescita della produttività del lavoro di almeno l’1 per cento. Di qui il ruolo cruciale del percorso di riforma per innalzare il potenziale di crescita, non essendo all’uopo sufficiente il ricorso alla politica monetaria e di bilancio espansive. E’ il tema, quello della produttività, insieme con gli investimenti e l’innovazione, ai tempi continuamente sollevato dal Governatore Antonio Fazio il quale parlava di “ bradisismo economico” a proposito della crescita e della produttività, rispetto ai partner europei.

Le aree dei necessari interventi oggi, per Visco,sono quelle della pubblica amministrazione, dell’innovazione, della salvaguardia del patrimonio naturale e storico-artistico. Non è in discussione per Visco la sostenibilità del debito pubblico; d’altro canto, sono punti importanti per il Paese il debito netto con l’estero, la ricchezza reale e finanziaria delle famiglie, il debito privato che ci vedono in posizione migliore di quella di altri importanti partner europei. Occorre agire, mentre cresce l’incertezza e lo scenario di base della Banca d’Italia stima un calo del Pil nell’anno del 9,2 per cento, mentre un altro scenario, sempre dell’Istituto, prevede una caduta del 13,1 per cento. Dove attingere le risorse per gli interventi? Visco ripropone la linea del 29 maggio, la ricomposizione del bilancio pubblico, il contrasto dell’evasione e dell’economia sommersa, la diminuzione del premio al rischio sui titoli pubblici, l’uso pragmatico ed efficace dei fondi europei. Istruzione e ricerca sono settori cruciali di intervento, come lo è il Mezzogiorno dove bisogna intervenire sui fattori alla base dei ritardi rispetto al resto del Paese piuttosto che fare leva solo su trasferimenti monetari.

A questo punto ci si potrebbe domandare: ma Conte non avrebbe potuto recepire “sic et simpliciter” le proposte della Banca d’Italia, anziché mettere in piedi questa sceneggiatura degli Stati Generali che indulge all’effetto-vetrina e rimastica problemi ben noti? Ma è particolarmente importante la chiusura del discorso del Governatore laddove egli auspica che gli incontri possano concludersi con “ degli atti concreti” per fare avanzare il Paese. Ecco il “ punctum dolens”: la concretezza che continua a mancare e che, invece, di fronte alla perdurante gravità della situazione sarebbe ancor più dovere del Governo osservare rigorosamente ed attuare. Si passerà finalmente dalle parole ai fatti o si continuerà con la descrizione delle aree di intervento, spettando non si sa a chi tradurle in pratica?

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