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Governo, lasciate stare Draghi. Adesso serve stabilità all'Italia

Mario Draghi

In tanti continuano a lanciare l'idea dell'ex presidente Bce Mario Draghi al governo

Angelo De Mattia
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Torna in questi giorni ad essere riproposta la figura di Mario Draghi e, da alcune parti, si rilancia ancora l'idea della promozione di un governo da lui diretto. E ciò mentre si accrescono i dubbi manifestati da diverse correnti politiche sulla coesione nella compagine dell'Esecutivo e si procede alla stesura, ad opera del Governo, di un pretenzioso decreto legge. Quest'ultimo, tra l'altro, privilegerebbe bonus e superbonus, crediti di imposta, contributi pubblici, deduzioni e detrazioni, reddito di emergenza, nonché ricapitalizzazioni ad opera dello Stato. Sono interventi non contestabili in sé e per sé sia pure con non pochi punti da chiarire, ma non risultano accompagnati nel torrentizio fluire di ben 258 articoli, da misure veramente strutturali che basino il rilancio su norme e comportamenti dalla lunga prospettiva e non esclusivamente su indennizzi e agevolazioni di breve periodo o su interventi di sostegno che, se sono transitori non contribuiscono a innescare la dichiarata risalita mentre, se non lo sono, modificano sostanzialmente i caratteri dell'intervento pubblico in economia, senza un adeguato approfondimento e un documentato dibattito al riguardo. La modifica si manifesta nelle misure previste per il rafforzamento patrimoniale delle grandi imprese e di quelle medie, insieme con altri interventi, tutti da sottoporre al giudizio della Commissione Ue per la coerenza con il recente Framework sugli aiuti di Stato, la cui disciplina è stata solo temporaneamente sospesa. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rispondendo a una domanda sull'ipotesi di un «governissimo» Draghi, nel corso di una intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha detto che chi ha davvero stima per l'ex Presidente della BCE farebbe bene a non sciupare il suo nome nel teatrino dei giochi politici quotidiani. Conte, ovviamente, è parte in causa, ma, se si ha presente l'indisponibilità a un tale incarico che Draghi ha diverse volte manifestato, sia pure ringraziando per la stima e la considerazione ricevute, l'affermazione del Premier, pur suscettibile di conflitto di interesse, non può non essere condivisa. Immaginare una caduta oggi del Governo, mentre si affronta ancora l'emergenza, sarebbe autolesionistico. Farlo ritenendo che si possa ricorrere a un Esecutivo dalle virtù taumaturgiche, magari con una Europa che stenderebbe un tappeto di rose solo per i nomi della compagine sarebbe infantile, quasi come il credere a un «arrivano i nostri». Ancora, ipotizzare che un governo di un esponente di alto livello al di fuori del Parlamento – quale che egli sia – possa avere come partner coloro che chiedono ora il suo «avvento» è altrettanto illusorio. Basti ricordare le composizioni rispettivamente dei Governi Ciampi nel 1993 e Dini nel 1995 (se non si vuole citare il Governo Monti, difficilmente da assumere come esempio). D'altro canto, è mortificante lo spettacolo di diversi esponenti politici che invocano, come se fosse l'unica salvezza, la venuta di Draghi a palazzo Chigi, addirittura lanciando, in un caso, una metaforica bottiglia in mare con un messaggio quasi come fosse il gesto di un naufrago. Molto difficile dire, comunque, se la reiterazione a giorni alterni su queste richieste, ormai da psicoanalitico «chiodo fisso», possa sortire quel che si spera, cioè una «vocatio» popolare di un «salvatore», forse di un Cincinnato, ora lontano da immediati incarichi istituzionali e no. Ma non bisogna mai dimenticare che una cosa è dirigere con grande capacità una Banca centrale – dove abbondano le più diversificate ed alte competenze nonché esperienze accompagnate da un grande impegno e da un forte rigore – altra cosa è stare alla testa di un governo che si vorrebbe di salute pubblica; altro, ancora, è trovarsi in un passaggio confuso nel quale non manca chi sostiene la necessità che si vada presto a elezioni anticipate. Non ci si avvede che in tal modo si trasmette un'idea di complessiva instabilità e inadeguatezza che finisce con l'avvolgere tutti, a cominciare da chi avanza la proposta in questione. Oggi non siamo, anche per le capacità degli aspiranti al governo nella compagine politica, alla situazione e al clima del periodo postbellico. Non esiste un nuovo Einaudi che si possa impegnare prima nel governo e poi ascendere al Colle quando sarà concluso il settennato di Sergio Mattarella, il quale presiede la più alta magistratura dello Stato con grande rigore e grande efficacia. Neppure si profila un novello Ciampi. Ci si cimenti, allora, sui contenuti e si tenga presente che, come si ricaverebbe anche dalle cronache che interpretano gli orientamenti del Colle, che la eventuale caduta del Governo Conte potrebbe avere l'unica conseguenza del ricorso anticipato alle urne. Questo Governo non è certo indenne da critiche, tutt'altro. I rilievi sulle scelte non sono pochi. Ma si tratta di compiere battaglie e avanzare controproposte nei contenuti. Solo quando sarà definitivamente cessata l'emergenza sanitaria ed economica, il tema della costruzione di un nuovo governo potrebbe tornare all'ordine del giorno, se vogliamo evitare una dolorosissima autolesione che oggi colpirebbe tutti.

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