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Il tampone serve al premier per rimediare a tutti gli errori

Franco Bechis
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Da ieri la parola d'ordine dalle parti di palazzo Chigi è quella di usare il tampone per cercare di arginare le sciocchezze fatte fin qui dall'esecutivo sulla crisi del coronavirus. Essendoci bisogno a Palazzo di quintali di tamponi per porvi rimedio, non ne restano per i possibili malati. Oggi ad esempio raccontiamo attraverso le sue stesse parole la storia di Manuela, hostess di terra dell'Alitalia ammalata da qualche giorno noi speriamo di una ordinaria influenza. Lei però qualche timore comprensibilmente lo nutre: era addetta fino al primo di febbraio scorso agli scali dell'Air China, ed è stata a contatto con centinaia di cinesi prima e dopo quella data, perché nonostante il blocco dei voli diretti questi sono continuati ad atterrare a Fiumicino facendo scalo a Dubai o in altri aeroporti europei ancora aperti. Manuela si è rivolta al numero indicato per fare un tampone che la tranquillizzasse. Non le ha risposto nessuno, e allora ha chiamato il 112. Le hanno detto di stare in isolamento e la pratica è stata dirottata sulla Asl 3 del Lazio, con una serie di incredibili rimpalli. Alla fine le hanno detto che il medico della mutua, che l'ha visitata solo telefonicamente, avrebbe ordinato la sua quarantena (ma il diretto interessato nega) e di tampone manco l'ombra.  Per approfondire leggi anche: Conte pm del popolo Ripeto, auguro a Manuela di avere un banale male di stagione, ma se è questa l'efficienza con cui si sta muovendo la macchina sanitaria qui nel Lazio, stiamo proprio freschi. Eppure l'altro giorno l'uomo che la guida, l'assessore alla Sanità della Regione, Alessio D'Amato si permetteva di criticare i colleghi lombardi e veneti e quei poveretti del pronto soccorso di Codogno su cui lo stesso premier Giuseppe Conte aveva iniziato il tiro al piccione. Capisco che la giunta Zingaretti incroci le dita non tanto per motivi umanitari, ma perché se quel maledetto virus dovesse attecchire a Roma e dintorni, si paralizzerebbe la già malandata sanità regionale dove non brillano certo i posti in rianimazione che dovessero diventare necessari. Ma i tamponi come si diceva servono soprattutto al presidente del Consiglio per cancellare le gesta maldestre fin qui seguite. Solo dopo averne dette e fatte di tutte e avere cavalcato ogni polemica politica a sproposito Conte ha capito che per difendere la sua poco interessante immagine stava mandando a ramengo l'intero Paese. Il presidente del Consiglio ha offerto a tutto il mondo (che ne ha preso atto) l'idea di una situazione italiana drammatica, simile a una guerra. Si è chiuso per tutto il week end nella sala operativa della protezione civile in cui è tornato anche nei giorni successivi. Lì ovviamente non c'era alcun bisogno della sua presenza, né alcuna cosa in particolare da fare. E infatti ha usato la sala per collegarsi con qualsiasi trasmissione o salotto televisivo. Nemmeno in occasione dei terremoti un presidente del Consiglio si è messo alla guida della protezione civile in quel modo così visibile. Ovvio che abbia dato agli italiani e agli osservatori esteri un messaggio inequivoco: attenti, qui le cose sono messe malissimo, l'Italia è in guerra con quel virus. Mica è strano che proprio da quelle ore ministeri degli Affari Esteri e ministeri della Salute di altri paesi europei abbiano cominciato a diramare avvisi e perfino ordini ai loro connazionali di non recarsi in mezza o tutta Italia fino a nuovo avviso. Sono iniziate così le disdette di molte prenotazioni perfino per la prossima estate, e il danno già grave che stava subendo l'economia italiana paralizzata nel motore del Paese, è aumentato. Tamponi, tamponi nelle stanze di palazzo Chigi nella speranza di assorbire le scelte quasi tutte sbagliate fatte fin qui dal governo cercando di fermare una follia collettiva messa in moto proprio dallo stesso esecutivo. Non possiamo che fare il tifo per il successo di questo indietro tutta, ma ragionevolmente ne dubitiamo.

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