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Il coronavirus salverà la Casta: in bilico il referendum sul taglio dei parlamentari

Dario Martini
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Il referendum sul taglio dei parlamentari è in bilico. È appeso all'emergenza coronavirus. Il tema ancora non è stato affrontato dal governo, ma l'ipotesi di un rinvio è già iniziata a circolare. Il ragionamento è il seguente: se il picco dei contagi dovesse avvenire tra qualche settimana, con l'approssimarsi della consultazione referendaria del 29 marzo, diventerebbe un serio problema organizzare i seggi nelle scuole, per altro già chiuse in varie regioni in questi giorni. Ovviamente, l'emergenza dovrà essere ancora seria a metà marzo perché si arrivi a prendere una decisione di questo tipo. I 5 stelle hanno tutto l'interesse a concludere una volta per tutte questa battaglia bandiera per il Movimento. Il referendum, infatti, verterà sulla riforma che prevede di tagliare i parlamentari da 945 a 600 (i deputati passerebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200), una riduzione del 36,5% degli eletti. Fino ad ora, ad aver chiesto ufficialmente di rinviare la consultazione è stata solo + Europa. Benedetto Della Vedova richiama l'attenzione anche su un altro aspetto: «È evidente che nelle prossime settimane in molte regioni italiane l'emergenza coronavirus, così come decretata e affrontata dal governo Conte, comporterà, tra le altre cose, l'impossibilità di svolgere iniziative pubbliche per il referendum confermativo del taglio dei parlamentari. Non solo nelle aree più direttamente investite dal contagio, in cui la popolazione è sottoposta a misure di isolamento, ma in tutte le regioni del Nord, ad oggi, non è possibile organizzare alcuna campagna elettorale. Esistono numerosi provvedimenti amministrativi adottati da comuni e regioni che limitano lo svolgimento di manifestazioni pubbliche, e moltissimi cittadini, per precauzione e timore, finché la situazione non sembrerà sotto controllo, eviteranno spostamenti e diserteranno ogni appuntamento in luogo pubblico non strettamente legato all'attività di lavoro. In questo quadro - sottolinea ancora Della Vedova - penso che il governo debba considerare il rinvio della data del referendum». È certo che oggi il referendum non potrebbe tenersi. Portare le persone nelle urne va contro alle disposizioni prese in questi giorni dal governo e dalle amministrazioni locali. Stare in fila a poca distanza uno dall'altro, consegnare il documento allo scrutatore, entrare nella cabina elettorale e passarsi la matita di mano sono tutti comporamenti poco sicuri in questo momento. Il Partito democratico non si è ancora espresso, giudicando prematuro affrontare la questione. Anche se il Dem Stefano Pedica propone di «rinviare il referendum almeno di due mesi». «In un momento così difficile e complicato, bisogna concentrare tutte le forze per contenere il contagio – spiega - Non si possono vietare manifestazioni, bloccare intere città e poi pensare di riaprire le scuole per far andare a votare i cittadini. Mi auguro perciò che il governo rifletta seriamente sulla possibilità di far slittare di almeno un paio di mesi il referendum. Sarebbe una decisione saggia». Le preoccupazioni maggiori, ovviamente, arrivano dalle regioni del nord dove si trovano focolai. Simonetta Rubinato, presidente dell'associazione Veneto Viva, oltre a chiedere di rinviare la consultazione sul taglio dei parlamentari, propone di spostare il rinnovo dei consigli regionali e delle amministrazioni comunali in scadenza a maggio. Senza creare falsi allarmismi la situazione richiede di salvaguardare, insieme alla massima prudenza sanitaria, anche le condizioni minime di un confronto politico democratico che oggi, anche in considerazione delle predette misure restrittive, non ci sono. È vero che le elezioni, anche in Veneto, sono previste per a maggio, ma è in questo momento che si stanno organizzando le coalizioni e le liste dei candidati».

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